Sentenza nº 131 da Constitutional Court (Italy), 31 Dicembre 1996

RelatoreGustavo Zagrebelsky
Data di Resoluzione31 Dicembre 1996
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 131

ANNO 1996

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Avv. Mauro FERRI Presidente

- Prof. Luigi MENGONI Giudice

- Prof. Enzo CHELI "

- Dott. Renato GRANATA "

- Prof. Giuliano VASSALLI "

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Prof. Carlo MEZZANOTTE "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 20 settembre 1995 dal Tribunale di Bolzano, il 22 e il 27 settembre 1995 dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, il 27 settembre 1995 dal Tribunale di Vicenza, il 3 ottobre 1995 dal Tribunale di Verbania, il 29 settembre 1995 dal Tribunale di Oristano, il 3 e il 10 ottobre 1995 dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, il 12 ottobre 1995 dal Tribunale di Avellino, il 27 settembre 1995 dal Tribunale di Savona, il 6 ottobre 1995 dalla Corte di Assise di Varese, il 2 ottobre 1995 dal Tribunale di Benevento, il 12 ottobre 1995 dal Tribunale di Brescia, il 12 ottobre 1995 dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere e il 5 ottobre 1995 dal Tribunale di Torino, rispettivamente iscritte ai nn. 785, 788, 798, 815, 826, 827, 831, 837, 839, 842, 848, 849, 880, 881 e 894 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 48, 49, 50, 52 e 53, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di costituzione di Vito Saccani;

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1996 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

uditi gli Avvocati Paolo Fava e Beniamino Migliucci per Vito Saccani.

Ritenuto in fatto

  1. -- In un giudizio penale in fase dibattimentale il Tribunale di Bolzano ha sollevato, con ordinanza del 20 settembre 1995 (R.O. 785 del 1995), questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, che concerne l'incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice che abbia fatto parte del collegio del tribunale del riesame (art. 309 cod. proc. pen.) o dell'appello (art. 310 cod. proc. pen.) in tema di misure cautelari personali, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

    Muovendo dal rilievo che tutti i componenti del collegio costituito per il dibattimento hanno altresì fatto parte del collegio del tribunale che si è pronunciato, in diverse occasioni, sia in sede di riesame che di appello, sulle impugnazioni avverso ordinanze in tema di custodia cautelare emesse dal giudice per le indagini preliminari nei confronti dell'imputato, e che in tali occasioni gli stessi giudici hanno effettuato una "innegabile valutazione di merito", il Tribunale rimettente osserva che la motivazione della sentenza n. 432 del 1995 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità del medesimo art. 34, comma 2, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato, induce a ritenere non manifestamente infondata la questione sopra riferita; anche con riguardo alla pregressa partecipazione al collegio del riesame o dell'appello de libertate, infatti, ad avviso del giudice a quo, si delineano, in giudizio, i possibili effetti che la previsione normativa sull'incompatibilità mira ad impedire, cioè, secondo l'enunciato della citata sentenza n. 432 del 1995, che "...la valutazione conclusiva sulla responsabilità dell'imputato sia, o possa apparire, condizionata dalla cosiddetta forza della prevenzione, e cioè da quella naturale tendenza a mantenere un giudizio già espresso o un atteggiamento già assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento".

    Ne segue, pertanto, la proposizione dell'accennata questione di costituzionalità, la cui rilevanza nel giudizio a quo risiede - conclude il rimettente - nel fatto che, nell'ipotesi di accoglimento, si configurerebbero un obbligo di astensione e un motivo di ricusazione del giudice.

    1.1. -- Nel giudizio così promosso si è costituito l'imputato Vito Saccani che, nell'atto di costituzione, ha concluso per l'accoglimento della questione di legittimità costituzionale, sottolineando che i componenti del collegio che deve giudicare nel merito dell'addebito hanno già valutato la posizione dell'imputato in sede di riesame e di appello, esprimendosi sul punto della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza; dunque le argomentazioni contenute nella sentenza n. 432 del 1995 della Corte costituzionale sono valide anche per il caso, analogo, in questione.

  2. -- Con cinque ordinanze di analogo contenuto (R.O. 788, 798, 831, 837 e 881 del 1995), emesse, nel corso di altrettanti distinti giudizi penali in fase dibattimentale, in date 22 e 27 settembre e 3, 10 e 12 ottobre 1995, il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a svolgere le funzioni di giudice del dibattimento dei componenti del collegio del tribunale che, in sede di riesame di una misura cautelare personale, abbia ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza di cui all'art. 273 cod. proc. pen. e che abbia perciò confermato il provvedimento applicativo della misura.

    Nelle ordinanze di rinvio il giudice a quo premette, in fatto, che nei rispettivi processi il collegio per il giudizio dibattimentale è composto anche da uno (R.O. 831 e 837 del 1995) o due (R.O. 788 e 881 del 1995) ovvero in toto dai medesimi (R.O. 798 del 1995) componenti il collegio che precedentemente, a seguito di richiesta di riesame, aveva, in ciascun procedimento, ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati, a norma dell'art. 273 cod. proc. pen., confermando (ovvero parzialmente riformando: R.O. 788 del 1995; ma non sul punto del fondamento indiziario) le ordinanze impugnate.

    La prospettazione del rimettente si basa sulla sentenza n. 432 del 1995 della Corte costituzionale, che, modificando il proprio precedente orientamento (sentenza n. 502 del 1991), ha ritenuto che la valutazione espressa dal giudice per le indagini preliminari in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in sede di adozione di una misura cautelare personale, involgendo un giudizio di merito sull'idoneità degli elementi probatori raccolti a fondare una elevata probabilità di condanna, si riflette necessariamente sulla serenità e imparzialità del giudizio, e radica pertanto un motivo di incompatibilità.

    Le argomentazioni e le conclusioni della citata sentenza n. 432 del 1995 varrebbero pure nel caso della partecipazione al collegio del tribunale del riesame, che procede anch'esso, al pari del giudice per le indagini preliminari che applica la misura, alla valutazione circa la sussistenza dei gravi indizi ex art. 273 cod. proc. pen., con gli amplissimi poteri riconosciuti dall'art. 309 del codice di rito. Ne segue che, verificandosi l'identità, parziale o totale, tra i componenti del tribunale del riesame e i componenti il collegio dell'udienza dibattimentale, si concretizzano le ragioni di incompatibilità, in particolare il pericolo di "prevenzione", su cui si basa la citata declaratoria di incostituzionalità nell'ipotesi assunta a raffronto.

    Ragioni di incompatibilità, conclude il Tribunale, contrastanti con i principi costituzionali di eguaglianza (art. 3), di inviolabilità della difesa in ogni stato e grado del procedimento (art. 24, secondo comma) e di presunzione di non colpevolezza (art. 27, secondo comma). Ad ammettere l'identità del giudice nella situazione dedotta nei giudizi a quibus, infatti, si creerebbe...

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