Sentenza nº 244 da Constitutional Court (Italy), 29 Gennaio 1994

RelatoreMassimo Vari
Data di Resoluzione29 Gennaio 1994
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 244

ANNO 1995

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Antonio BALDASSARRE

Giudici

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 3 e 4, del decreto-legge 1o dicembre 1993, n. 487 (Trasformazione dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico e riorganizzazione del Ministero) convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio 1994, n. 71, promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 1994 dalla Corte dei conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale, nel giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 1993, iscritta al n. 602 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 22 marzo 1995 il giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto in fatto

  1. -- Nel corso del giudizio sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 1993, la Corte dei conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale, con ordinanza emessa il 28 giugno 1994 (Registro ordinanze n. 602 del 1994) ha sollevato, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, commi 3 e 4, del decreto- legge 1o dicembre 1993, n. 487 (Trasformazione dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico e riorganizzazione del Ministero) convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio 1994, n. 71.

  2. -- Premette in punto di fatto l'ordinanza che il rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 1993 reca: a) nel conto del patrimonio, al conto generale n. 2, la partita n. 4047 concernente il credito del Tesoro pari a 27.626,651 miliardi per quota capitale e 22,604 miliardi per interessi, nei confronti dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni per anticipazioni concesse negli esercizi fino al 31 dicembre 1993, a copertura dei disavanzi di gestione; b) nella gestione del bilancio, l'iscrizione, in competenza, al capitolo n. 8316 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, dell'importo di 3.466,685 miliardi, per "anticipazioni all'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni a copertura del disavanzo di gestione", con disponibilità, sullo stesso capitolo, in conto residui, di un importo di 1.666,534 miliardi, che risultano interamente pagati; c) nello stato di previsione dell'entrata, il rimborso delle quote di capitale, da reputarsi ricompreso, "anche se con una quantificazione genericamente riferita ad una pluralità di fonti", nel capitolo n. 4555; nonchè l'entrata per interessi, previsti al capitolo n. 3231, per i quali il rendiconto 1993 registra riscossioni per 22,604 miliardi, a fronte di previsioni definitive di competenza pari a 25 miliardi. Quanto al consuntivo dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, il conto del patrimonio (conto generale n. 5) reca, alla partita n. 23, il debito di 30.518,977 miliardi nei confronti del Tesoro e, alle partite da 1 a 24, il debito di 572,764 miliardi per anticipazioni della Cassa depositi e prestiti. A tali partite va poi aggiunto "l'ammontare registrato in entrata dal rendiconto 1993 dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni (capitolo 610), legato appunto ad anticipazioni della Cassa depositi e prestiti a copertura del disavanzo, per 2.663,771 miliardi".

  3. -- Ritenendo, in via preliminare, non controversa, alla stregua anche delle precedenti pronunce di questa Corte, la propria legittimazione a sollevare, in sede di giudizio di parificazione, questioni di legittimità costituzionale, l'ordinanza investe, anzitutto, la disposizione dell'art. 7, comma 3, secondo la quale le anticipazioni dello Stato all'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni "si intendono, a tutti gli effetti, quali trasferimenti definitivi", assumendo di non poter condividere le motivazioni addotte, per giustificare la mancata copertura, nella Relazione tecnica governativa che, a suo tempo, accompagnava il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 487 del 1993. Non sarebbe, in particolare, persuasiva la tesi secondo la quale il debito assunto dal Tesoro -- con la trasformazione delle anticipazioni in trasferimenti definitivi -- non costituisce un nuovo onere dal momento che era già iscritto nel conto patrimoniale dell'Amministrazione delle poste e telecomunicazioni e quindi concorreva, comunque, a formare il debito complessivo dello Stato, tanto che si tratterebbe di modificare solo l'appostazione del debitore. Infatti, attesa la distinzione tra bilancio statale e settore statale, entro il quale sono incluse la gestione di tesoreria e la gestione di altri enti e di amministrazioni o aziende autonome, "la rinuncia da parte dello Stato ad un credito nei confronti di altri enti inclusi nel settore statale, ma con contabilità e finanze non ricomprese nel bilancio dello Stato, non può considerarsi compensata all'interno dell'operazione di consolidamento dello stesso settore statale, le cui finalità si legano ai conti di cassa ed alla definizione degli obiettivi programmatici, ma non cancellano la necessaria distinzione fra bilancio e rendiconto dello Stato, da un lato, e, dall'altro, risultati di cassa del più ampio aggregato incluso dentro la nozione di settore statale".

    Tale distinzione "è ancor più necessaria", nella specie, dal momento che l'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, trasformata in ente pubblico economico, "esce dallo stesso aggregato del"settore statale" per restare inclusa entro la più ampia nozione di settore pubblico". Le operazioni di consolidamento, d'altra parte, all'interno di questo più vasto aggregato, "descrittive" di obiettivi e andamenti complessivi della finanza pubblica, "non conducono alla irrilevanza dei rapporti e dei flussi che legano la gestione del bilancio dello Stato e le risultanze del rendiconto generale dello Stato con le gestioni e le risultanze a consuntivo delle gestioni degli altri enti inclusi nel settore pubblico". D'altro canto, la rinuncia al credito da parte del Tesoro, "neutrale" sotto il profilo macroeconomico, provoca "un effetto profondo sul conto del patrimonio dello Stato": pur non aumentando il fabbisogno di cassa, determina "la crescita dello stock del debito pubblico a carico della gestione del bilancio statale". La norma impugnata incide sul conto del patrimonio dello Stato, che con il conto del bilancio "costituisce parte integrante del rendiconto generale dello Stato", "dal momento che risulta posta nel nulla la partita n. 4047 del conto generale n. 2", con un conseguente squilibrio che "costituisce un nuovo onere che avrebbe dovuto essere coperto da una specifica norma", ai sensi dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione. Quanto al conto del bilancio viene meno l'entrata per gli interessi da corrispondersi da parte dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni al Tesoro sul capitolo n. 3231 dello stato di...

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