Sentenza nº 280 da Constitutional Court (Italy), 31 Dicembre 1995
Relatore | Mauro Ferri |
Data di Resoluzione | 31 Dicembre 1995 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 280
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Antonio BALDASSARRE
Giudici
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 595 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1994 dalla Corte di Cassazione sul ricorso proposto da Tramannoni Renzo, iscritta al n. 415 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1994. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 5 aprile 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri.
Ritenuto in fatto
-
- La Corte di Cassazione - 3u Sezione penale, nell'ambito di un giudizio su ricorso avverso sentenza della Corte di Appello di Ancona, con la quale, a seguito di appello incidentale proposto dal pubblico ministero, la pena inflitta dal primo giudice per la contravvenzione di cui all'art. 21, primo e secondo comma, della legge 16 maggio 1976, n. 319, determinata nel giudizio di primo grado in due mesi e venti giorni di arresto, era stata aumentata a sei mesi di reclusione (sic), ha sollevato, in riferimento all'art. 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 595 del codice di procedura penale nella parte in cui prevede il potere del pubblico ministero di proporre appello in via incidentale. L'ordinanza del giudice a quo premette che la questione di costituzionalità dell'art. 595 nei sensi su accennati era stata sollevata, in via subordinata, dal ricorrente sostenendo che l'appello incidentale del pubblico ministero nel processo penale "si pone in palese contrasto con i princìpi di cui agli articoli 3, 24 comma secondo e 112 della Costituzione". In particolare, sotto il profilo dell'art. 3 Cost., il ricorrente negava che l'esistenza dell'appello incidentale dell'imputato, introdotto nel codice vigente, avesse eliminato la disparità tra le due parti processuali, in quanto l'istituto "giova esclusivamente alla posizione del P.M., per il rischio dell'imputato di una 'reformatio in peius', mentre nessuna conseguenza negativa può derivare al P.M., appellante principale, se è l'imputato a proporre appello incidentale". Inoltre - prosegue l'Ordinanza, sempre riferendo la posizione del ricorrente, - "il potere d'impugnazione costituisce esplicazione della funzione d'accusa del P.M.: potere che deve essere esercitato per la sua piena soddisfazione della pretesa punitiva, in base ad una valutazione che deve prescindere dall'eventuale proposizione del gravame dell'imputato".
-
- Ciò premesso, la Corte di Cassazione osserva che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente non appare manifesta mente infondata, "ma soltanto nella parte in cui viene prospettato il contrasto con l'art. 112 della Costituzione". Al riguardo ricorda la Corte che, vigente il codice del 1930, quando il potere di appello incidentale era conferito soltanto al pubblico ministero (art. 515, comma quarto), vari giudici di merito avevano sollevato incidente di legittimità costituzionale dell'istituto perchè ritenuto contrastante con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, mentre altro giudice di merito (il Tribunale di Venezia) aveva profilato, oltre alle questioni suddette, anche il contrasto dell'istituto con l'art. 112 della Costituzione; e che la questione era stata da questa Corte costituzionale, con sentenza n. 177 del 10 novembre 1971, dichiarata infondata per la "disparità di trattamento nell'esercizio del diritto di difesa (articoli 3 e 24)", perchè "l'appello incidentale, consentito ad una delle parti del processo, turba l'equilibrio del contraddittorio". "Tuttavia" - prosegue l'Ordinanza del giudice a quo - nella stessa sentenzaLA CORTE COSTITUZIONALEaveva considerato "assorbente" il profilo della violazione dell'art. 112 (dovere di impugnazione come estrinsecazione di quello, non discrezionale, dell'esercizio dell'azione penale; e quindi comportamento contraddittorio nell'esperire il gravame dopo aver lasciato scadere i termini dell'appello principale, allo scopo di "contenere l'iniziativa dell'imputato", ostacolando, in pratica, il diritto di quest'ultimo alla tutela giurisdizionale. "Quanto meno" questo profilo - sostiene l'Ordinanza del giudice rimettente - sopravvive anche nel sistema del nuovo codice, risultante dagli articoli 595 e seguenti, attuativi della direttiva n. 90 dell'art. 2 n. 3 della legge-delega del 16 febbraio 1987.
"Si rende quindi necessaria - sempre ad avviso della Corte di Cassazione - una nuova pronuncia della Corte Costituzionale, dato che - come si evince chiaramente dalla motivazione della precedente sentenza ablativa (n. 177/1971) - l'obbligo del P.M. di attuare la pretesa punitiva dello Stato non può ritenersi esaurito con il promovimento dell'azione penale, ma permane nelle fasi successive del, in modo particolare quando si tratta di "verificare" un giudizio di insostenibilità dell'accusa e decidere per l'acquiescenza o per l'impugnazione".
-
- è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata, riportandosi a un proprio atto di intervento relativo ad altro giudizio (R.O. n. 339 del 1993), riguardante la mancata attribuzione al pubblico ministero del potere di proporre appello incidentale avverso le sentenze - inappellabili, per tale organo, in via principale - pronunciate a seguito di rito abbreviato.
Considerato in diritto
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- La Corte di Cassazione dubita della legittimità costituzionale dell'art. 595 del codice di procedura penale nella parte in cui detto articolo prevede il potere del pubblico ministero di proporre appello incidentale quando non abbia proposto appello principale: e ciò in relazione all'art. 112 della Costituzione, in quanto l'obbligo di esercitare l'azione penale, ivi sancito, non può ritenersi esaurito con il promovimento dell'azione penale, ma permane nelle fasi successive del procedimento, in modo particolare quando si tratta di verificare un giudizio di insostenibilità dell'accusa e di decidere per l'acquiescenza o per l'impugnazione. Sotto tale profilo, secondo il giudice rimettente, il fatto che il codice vigente - diversamente da quello del 1930, che prevedeva il solo appello incidentale del pubblico ministero - abbia esteso, in conformità di esplicita direttiva della legge-delega del 16 febbraio 1987, n. 81, il diritto di appello incidentale a tutte le parti processuali, non avrebbe rilievo. Varrebbero infatti, tuttora, le enunciazioni che il giudice rimettente coglie nella sentenza n. 177 del 1971, con le quali l'appello incidentale, allora previsto per il solo pubblico ministero, fu dichiarato costituzionalmente illegittimo anche per contrasto con l'art. 112 della Costituzione.
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- La questione non è fondata.
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- L'appello incidentale nel processo penale - ancorchè sia risultato statisticamente marginale tanto sotto l'impero del codice abrogato quanto sotto l'impero di quello vigente - è istituto segnato da una storia complessa e controversa ed è stato oggetto di adesioni e di critiche variamente motivate. Per quanto in particolare riguarda l'appello del pubblico...
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