Sentenza nº 295 da Constitutional Court (Italy), 01 Luglio 1993
Relatore | Vincenzo Caianiello |
Data di Resoluzione | 01 Luglio 1993 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 295
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230 (Approvazione della tariffa delle tasse sulle concessioni regionali ai sensi dell'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n.281, come sostituito dall'art.4 della legge 14 giugno 1990, n. 158) e dell'art. 3, comma 2, lett. c), della legge 16 maggio 1970, n. 281, come sostituito dall'art. 4, comma 1, della legge 14 giugno 1990, n. 158 (Norme di delega in materia di autonomia impositiva delle regioni ed altre disposizioni concernenti i rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni), promossi con ricorsi delle Regioni Umbria e Lombardia notificati il 2 settembre e il 30 agosto 1991, depositati in cancelleria il 5 e il 6 settembre 1991 ed iscritti ai nn. 33 e 34 del registro ricorsi 199l.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udito nell'udienza pubblica del 18 novembre 1992 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
uditi l'avvocato Goffredo Gobbi per la Regione Umbria, l'avvocato Valerio Onida per la Regione Lombardia e l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
l.- Con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri in data 30 agosto 1991, (reg.ric n. 34 del 1991) la Regione Lombardia ha sollevato, in via principale, questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230, emanato ai sensi della delega di cui all'art. 3, comma 1, della legge 16 maggio 1970, n. 281 (come sostituito dall'art. 4 della legge 14 gennaio 1990, n. 158) e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 179 del 1o agosto 199l.
La nuova tariffa delle tasse sulle concessioni regionali, approvata con l'impugnato decreto, violerebbe in più punti i limiti ed i criteri della delega, risultando, sotto diversi profili, lesiva delle competenze costituzionalmente attribuite alla Regione.
Nelle "note" che accompagnano alcune voci della tariffa non ci si limiterebbe, infatti, secondo le prescrizioni della legge di delegazione, ad individuare gli atti soggetti al tributo, stabilendo i termini per la relativa riscossione e disciplinandone, eventualmente, in modo particolare l'applicazione, ma si detterebbero altresì norme che attengono all'attività amministrativa della Regione, e cioè, più in particolare: ai presupposti o al contenuto dei relativi atti e provvedimenti, alla loro efficacia temporale e alla destinazione del gettito del tributo. Sarebbero, inoltre regolati i presupposti e l'importo di ulteriori tasse o con tributi che, seppure previsti da precedenti provvedimenti statali analoghi a quello impugnato, non rientrerebbero nella disciplina propria del tributo nel cui ambito sono inseriti, e, quindi, nelle previsioni della delega, attenendo piuttosto all'esercizio di poteri riconducibili alla potestà normativa sostanziale spettante alle regioni nelle materie considerate. Le censure formulate si riferiscono in particolare:
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alle note alle voci n. 1 (concessione per l'apertura e l'esercizio di farmacie) e n. 4 (autorizzazione all'apertura e all'esercizio di stabilimenti termali- balneari e di gabinetti medici e ambulatori dove si pratica la radioterapia) nella parte in cui stabiliscono che, oltre alle tasse di concessione, i titolari delle relative concessioni o autorizzazioni sono tenuti al pagamento, nelle misure ivi indicate, rispettivamente di una "tassa annuale di ispezione regionale" e di una "tassa annuale di ispezione", con riferimento agli artt. 128 e 196 del testo unico delle leggi sanitarie;
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alla nota alla voce n. 2 (autorizzazione all'apertura e all'esercizio di stabilimenti di produzione e smercio di acque minerali) dove si prevede che "l'autorizzazione è sempre necessaria anche se l'acqua venga posta in vendita alla fonte o nello stabilimento di produzione (art. 4 del regolamento 28 settembre 1919, n. 1924)"; che "quando trattasi di più sorgenti tra loro diverse per composizione o per modo di utilizzazione, occorrono distinte autorizzazione di produzione o di smercio (art. 5 del regolamento n. 1924 del 1919, cit.)"; e che "qualunque modificazione deve essere autorizzata con un nuovo decreto da assoggettarsi a tassa";
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alla nota alla voce n. 5 (autorizzazione all'apertura di ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica, etc...), dove, sulla base di una definizione degli ambulatori, si stabilisce che "non sono soggetti ad autorizzazione e quindi al pagamento delle tasse sopradistinte, i gabinetti personali e privati, in cui i medici generici e specializzati esercitano la loro professione";
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alla nota alla voce n. 7 (autorizzazione igienico- sanitaria per l'apertura di pubblici esercizi) nella parte in cui si precisa che "l'autorizzazione occorre anche per le dipendenze staccate dall'esercizio principale dell'albergo, costituendo queste esercizi a sè stanti";
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alle note alle voci n. 8 e n. 9 (autorizzazione all'apertura e all'esercizio di rivendite di latte, e autorizzazione a produrre e mettere in commercio crema, panna montata, ecc.) nella parte in cui si prevedono alcuni casi in cui gli esercizi "sono esonerati dall'autorizzazione" o "non hanno l'obbligo di munirsi dell'autorizzazione";
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alla nota alla voce n. 10 (autorizzazione per la produzione e confezione di estratti di origine animale o vegetale) dove si stabilisce che "la domanda diretta ad ottenere l'autorizzazione ... deve essere rivolta alla regione, distintamente per ogni singolo prodotto";
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alla nota alla voce n. 17 (abilitazione all'esercizio venatorio) dove si prevede che "l'abilitazione all'esercizio venatorio si consegue soltanto dopo aver superato l'esame previsto dalla legge 27 dicembre 1977, n. 968";
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alla nota alla voce n. 18 (licenza per la pesca nelle acque interne) nella parte in cui si stabilisce che "le licenze di tipo A, B, e C hanno validità di 6 anni dalla data di rilascio; quella di tipo D ha validità di 3 mesi"; che "nel caso di smarrimento o distruzione della licenza non può rilasciarsi un duplicato del documento, bensì una nuova licenza con il pagamento della relativa tassa o soprattassa"; e che alla tassa è aggiunta una soprattassa annuale "da ripartire fra le amministrazioni provinciali, le associazioni dei pescatori sportivi, le associazioni regionali cooperative di categorie giuridicamente riconosciute, secondo criteri da stabilirsi con provvedimenti del consiglio regionale";
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alla nota alla voce 23 (licenza per aprire e condurre agenzie di viaggio) nella parte in cui prevede che "il rilascio della autorizzazione a persone fisiche e giuridiche straniere è subordinato al nulla-osta dello Stato, sentita la regione"; che "non hanno bisogno dell'autorizzazione e quindi non sono nemmeno tenute al pagamento della tassa le aziende che si occupano esclusivamente della vendita di biglietti delle ferrovie dello Stato"; che "oltre al pagamento della tassa di apertura, i titolari delle agenzie sono tenuti a prestare la cauzione di cui all'art. 14 del regio decreto legge 23 novembre 1936, n. 2423, e dell'art. 9 della legge n. 217 del 1983 nella misura fissata con legge regionale in relazione al tipo di attività per cui viene rilasciata l'autorizzazione"; che "l'autorizzazione è valida anche per le succursali o filiali situate nella stessa o in altre località della regione", mentre sono tenute a munirsi di distinte licenze le succursali o filiali delle agenzie aventi sede in altre regioni; e che "l'autorizzazione regionale è subordinata al nulla osta della competente autorità di pubblica sicurezza, per quanto attiene all'accertamento del possesso dei requisiti di cui agli articoli 11 e 12 del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 e successive modificazioni (art. 9, comma 5, legge n. 217 del 1983)";
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alla nota alla voce n. 25 (licenza per l'esercizio della trebbiatura a macchina) dove si stabilisce che "la licenza di trebbiatura ha valore soltanto per la macchina o le macchine trebbiatrici, per la specie di piante e per l'annata agraria", che "la licenza scade il 31 dicembre di ogni anno" e "il rinnovo può essere richiesto entro il 30 aprile di ciascun anno";
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alle note alle voci n. 28 (permesso per la ricerca di sorgenti di acque minerali e termali), n. 32 (concessione per la coltivazione di giacimenti di acque minerali e termali) e n. 33 (concessione per la coltivazione di cave e torbiere) nella parte in cui stabiliscono che "oltre alla tassa di concessione è dovuto il diritto proporzionale annuo previsto dalla vigente normativa in materia";
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alla nota alla voce n. 35 (concessione alla costruzione e all'esercizio di vie funicolari aeree in servizio pubblico per trasporto di persone o cose) dove si prevede che "i titolari della concessione sono inoltre tenuti, ai sensi della legge 23 giugno 1927, n. 1110, al pagamento del contributo di sorveglianza" la cui misura viene di seguito indicata;
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alle note alle voci n. 38 (concessione di filovie, con riferimento alla legge 28 settembre 1939, n. 1822); n. 39 (concessione per l'impianto e l'esercizio di slittovie e sciovie, con riferimento al decreto legge 7 settembre 1938, n. 1696); n. 41 (concessione di servizi pubblici automobilistici, con riferimento alla legge 28 settembre 1939, n.1822); n. 42 e n. 43 (concessione per l'esercizio di servizi pubblici di navigazione interna, con riferimento al d.P.R.28 giugno 1949, n. 631) dove si prevedono analoghi contributi di sorveglianza;
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