Sentenza nº 24 da Constitutional Court (Italy), 31 Gennaio 1992

RelatoreMauro Ferri
Data di Resoluzione31 Gennaio 1992
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 24

ANNO 1992

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Dott. Aldo CORASANITI

Giudici

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2, n. 31, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e degli artt.195, quarto comma, 500, quarto comma, e 512 del codice di procedura penale, promossi con n. 7 ordinanze emesse da diverse autorità giudiziarie, iscritte rispettivamente ai nn. 21, 214, 290, 429, 439, 497 e 555 del registro ordinanze 1991 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 6, 14, 18, 27, 33 e 36, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 dicembre 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto in fatto

1.1. Il Pretore di Firenze, con ordinanza del 30 ottobre 1990 (r.o. n.21 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 195, quarto comma, del codice di procedura penale, "nella parte in cui vieta agli ufficiali ed agli agenti di polizia giudiziaria di deporre, in caso di irreperibilità del testimone, sul contenuto delle dichiarazioni da questi acquisite".

Il remittente premette che il processo concerne un tentativo di furto commesso in danno di turista straniera in transito a Firenze, divenuta irreperibile per avere mutato la propria residenza all'estero, e quindi assente al dibattimento nonostante il rituale esperimento della notificazione eseguita con deposito degli atti in cancelleria, a norma dell'art. 154 del codice di procedura penale.

Rileva altresì che il verbale di denuncia, per la parte in cui contiene dichiarazioni testimoniali, è stato dichiarato non acquisibile nel fascicolo dibattimentale per i seguenti motivi: a) impossibilità di procedere, per l'assenza del testimone, a previa contestazione delle dichiarazioni assunte dalla polizia giudiziaria sul luogo e nell'immediatezza del fatto; b) inapplicabilità nella specie dell'art.511, secondo comma, del codice di procedura penale, il quale disciplina la leggibilità di atti già legittimamente acquisiti al processo, ma non amplia le condizioni di acquisibilità, stabilite dall'art. 500, quarto comma, dello stesso codice; c) impossibilità di applicare nella specie anche l'art. 512 (lettura di atti per sopravvenuta impossibilità di ripetizione), in quanto le dichiarazioni del testimone sono state rese alla polizia giudiziaria e non anche al pubblico ministero (e, comunque, anche ove fossero state rese al pubblico ministero, la lettura non sarebbe ugualmente consentita, in quanto l'irreperibilità sopravvenuta del testimone non appare costituire "impossibilità di ripetizione" dell'atto, posto che non trattasi di latitante o evaso e che, quindi, con le necessarie indagini, è reperibile la sua nuova dimora anche all'estero).

Ciò posto, prosegue il giudice a quo, a seguito dell'istanza del pubblico ministero di assunzione, quale testimone indiretto, del vigile urbano verbalizzante (in ordine alle circostanze riferite "a caldo" dalla derubata e trasfuse nel verbale di denuncia), diviene rilevante - in quanto dalla sua risoluzione dipende la possibilità per il pubblico ministero di introdurre prove a sostegno dell'accusa - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 195, quarto comma, del codice di procedura penale, in quanto vieta agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria di deporre, in caso di irreperibilità del testimone, sul contenuto delle dichiarazioni da questo acquisite.

La questione appare, poi, non manifestamente infondata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto tale assoluto divieto si fonda sull'inaccettabile implicito presupposto della inattendibilità e tendenziosità dei testimoni qualora essi appartengono alla polizia giudiziaria, così violando il principio di eguaglianza e di pari dignità di tutti i cittadini dinanzi alla legge. Il legislatore, conclude il remittente, nell'intento di parificare i poteri delle parti, appare aver ecceduto in senso opposto, negando attendibilità a testi normalmente qualificati proprio per la loro funzione di primi interlocutori delle parti offese da comportamenti delittuosi.

1.2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in giudizio, conclude per l'inammissibilità o, comunque, l'infondatezza della questione.

La questione sarebbe, innanzitutto, inammissibile per irrilevanza, in quanto il giudice a quo censura l'art. 195, quarto comma, del codice di procedura penale nella parte in cui vieta agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria di deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni "in caso di irreperibilità di questi"; ma, nella specie, nella stessa ordinanza di rimessione si afferma che il testimone non può considerarsi irreperibile, dato che, "con le necessarie indagini, è reperibile la sua nuova dimora anche all'estero". Ne deriva che, anche ove la norma impugnata fosse dichiarata illegittima, la testimonianza dell'agente di polizia giudiziaria non potrebbe comunque essere acquisita, ai sensi del terzo comma dello stesso art. 195.

Nel merito, l'Avvocatura osserva che il divieto, per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, della testimonianza de relato discende non da una aprioristica valutazione negativa della loro attendibilità, ma dalla circostanza che trattasi di soggetti istituzionalmente deputati alla raccolta, ai fini processuali, delle dichiarazioni dei terzi: la norma denunciata persegue una finalità di garanzia della genuinità delle acquisizioni processuali ed è frutto di scelta discrezionale del legislatore, come tale non censurabile in questa sede.

2.1. Con successive ordinanze del 19 dicembre 1990 e del 5 marzo 1991 (r.o. nn. 214 e 439 del 1991), il Pretore di Firenze ha nuovamente sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art.3 della Costituzione, dell'art. 195, quarto comma, del codice di procedura penale, svolgendo argomentazioni sostanzialmente identiche a quelle contenute nell'ordinanza di rimessione di cui al precedente punto 1.1.

2.2. é intervenuto in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale conclude per l'inammissibilità o, comunque, l'infondatezza della questione, rinviando alle considerazioni svolte nell'atto di intervento relativo all'ordinanza del medesimo giudice n. 21 del 1991.

3.1. Con ordinanza del 26 febbraio 1991 (r.o. n. 290 del 1991), il Tribunale di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 111 e 112 della Costituzione, dell'art. 2, n. 31, della legge-delega 16 febbraio 1987, n.81 e degli artt. 195, quarto comma, 500, quarto comma, e 512 del codice di procedura penale.

Il remittente premette, in punto di fatto, che, nel corso dell'esame testimoniale di un ufficiale di polizia giudiziaria indicato dal pubblico ministero, è emerso che costui aveva assunto, nell'immediatezza del fatto, da persona poi deceduta dopo qualche ora a seguito di intossicazione acuta da eroina, informazioni in ordine all'identità del soggetto che aveva ad essa fornito la detta sostanza stupefacente...

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