Sentenza nº 393 da Constitutional Court (Italy), 19 Ottobre 1992

RelatoreGabriele Pescatore
Data di Resoluzione19 Ottobre 1992
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 393

ANNO 1992

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Dott. Aldo CORASANITI

Giudici

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, secondo comma e 16, della legge 17 febbraio 1992, n. 179 (Norme per l'edilizia residenziale pubblica), promossi con ricorsi delle Regioni Toscana, Umbria, Emilia- Romagna e Veneto, notificati rispettivamente il 27 ed il 30 marzo 1992, depositati in cancelleria il 1 e l'8 aprile successivo ed iscritti ai nn.33, 34, 39 e 40 del registro ricorsi 1992.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 30 giugno 1992 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

uditi gli avvocati Alberto Predieri per la Regione Toscana, Alberto Predieri e Maurizio Pedetta per la Regione Umbria, Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna, Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. Con due ricorsi d'identico contenuto, notificati il 27 marzo 1992, la Regione Umbria e la Regione Toscana hanno proposto, in via principale, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16 della l. 17 febbraio 1992, n. 179, in riferimento agli artt. 3, 115, 117, 118 e 128 Cost..

    Nei ricorsi si premette che la legge n. 179 del 1992 (intitolata "Norme per l'edilizia residenziale pubblica"), ha configurato nell'art. 16 un nuovo strumento di governo territoriale, denominato "programma integrato d'intervento", la cui formazione è promossa dai comuni al fine di "riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale".

    Tale figura o schema di intervento è approvato dal Consiglio comunale ed è caratterizzato da una pluralità di funzioni, dalla integrazione di diverse tipologie di intervento, ivi comprese le opere di urbanizzazione, in una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana, e dal possibile concorso di più operatorie risorse finanziarie, pubblici e privati (comma primo). Proposte di programmi di interventi integrati possono essere presentate da soggetti pubblici e privati, relativamente "a zone in tutto o in parte edificate o da destinare anche a nuova edificazione al fine della loro riqualificazione urbana e ambientale" (comma secondo).

    Ove il programma sia in contrasto con gli strumenti urbanistici previgenti, è prevista la presentazione di osservazioni da parte di associazioni, di cittadini o di enti, da inviare al comune entro quindici giorni dall'esposizione nell'albo e dalla pubblicazione sul giornale locale.

    Programma e osservazioni sono trasmessi alla regione entro dieci giorni e nei centocinquanta giorni successivi la regione provvede ad approvare il programma o a richiedere modifiche: in mancanza di qualsiasi provvedimento regionale nel detto termine il programma si intende approvato (comma quarto).

    Le regioni ricorrenti osservano che la legge prevede, nei primi due commi dell'art. 16, un nuovo tipo di intervento territoriale, già in sè lesivo dell'autonomia normativa regionale; inoltre la legge stessa disciplina assai minuziosamente l'anzidetta nuova figura, determinandone non solo l'oggetto e la finalità, i soggetti promotori e l'efficacia, ma definendo, altresì, in tutti i particolari, il procedimento di formazione, nel quale è indicata la posizione reciproca del comune e della regione, stabilendo i termini e le modalità di formazione e approvazione, fino alla previsione del silenzio-assenso in caso d'inerzia regionale.

    Alle regioni è demandato - insieme con l'approvazione dei piani o la richiesta di modifiche - unicamente di concedere i finanziamenti inerenti al settore dell'edilizia residenziale ad esse attribuiti, con priorità a quei comuni che provvedono alla formazione dei suddetti programmi, nonchè di destinare parte delle somme derivanti dagli stanziamenti della legge alla formazione dei programmi integrati.

    Così disponendo, secondo le regioni ricorrenti, l'art. 16 non concreta una disciplinainerente all'edilizia residenziale pubblica, ma attiene alla materia urbanistica, riservata alla competenza legislativa regionale, ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

    Rientra infatti nella potestà legislativa regionale la determinazione delle procedure e della programmazione urbanistica, con riferimento all'intero territorio (e non solo agli aggregati urbani) ed alla localizzazione degl'insediamenti di ogni genere con le relative infrastrutture.

    Allo Stato resta la competenza ad emanare soltanto norme di principio; cosicchè l'art. 16, contenendo una normativa di dettaglio, lederebbe le competenze regionali in materia urbanistica.

    Secondo le regioni ricorrenti, lesione all'autonomia ed alla potestà legislativa regionale è determinata inoltre dall'art. 16 anche in riferimento alle competenze regionali in materia di edilizia residenziale pubblica, nella quale lo Stato può emanare soltanto normativa di principio e non può quindi introdurre, come ha fatto con l'art. 16 della legge n.179 del 1992, "programmi integrati d'intervento", disciplinandone dettagliatamente gli effetti e la procedura, con un ulteriore elemento d'irrazionalità, derivante dalla rottura dell'attribuzione integrale della materia alla regione.

    Si rileva, poi, che la previsione e la disciplina posta dall'art. 16 della legge n. 179 del 1992 dei programmi integrati di intervento formulati e gestiti dai comuni, viene ad incidere anche sull'ordine delle funzioni e delle competenze degli enti locali quale è definito dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 sul nuovo ordinamento delle autonomie locali.

    In particolare, la possibilità che la nuova figura di programmai integrati determini varianti di qualsiasi previsione urbanistica, sia comunale, che provinciale o regionale, scardinerebbe il sistema di relazioni posto dalla legge n. 142 del 1990, violando le competenze regionali e comunali.

  2. Dinanzi a questa Corte si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, col patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.

    Nell'atto di costituzione si sostiene che i "programmi integrati d'intervento" sono piani di zona aventi valore di concessione edilizia per le costruzioni ad essi inerenti, di portata innovativa ridotta, in quanto risultati analoghi potevano già essere raggiunti con strumenti urbanistici previgenti (si citano al riguardo i piani previsti dall'art. 27 e segg. della legge 5 agosto 1978, n. 457; quelli di cui all'art. 4 del d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, conv. nella l. 25 marzo 1982, n. 94 e all'art.35 della l. 22 ottobre 1971, n. 865).

    Passando all'esame delle singole censure contenute nei ricorsi, l'Avvocatura dello Stato osserva nell'atto di costituzione che il silenzio- assenso è un istituto di carattere generale, legittimamente utilizzato nel caso di specie dal legislatore statale a tutela dell'autonomia comunale.

    Quanto alla derogabilità da parte dei programmi in questione dei previgenti strumenti urbanistici, si tratta di una caratteristica tipica dei piani di zona.

    Per quel che riguarda poi, l'emanazione di una normativa di dettaglio, l'Avvocatura osserva che il carattere di dettaglio o di principio di norme statali "rileva unicamente al fine di valutare la possibilità del legislatore regionale di sovrapporre proprie norme a quelle statali e non al fine della invalidazione di queste ultime". Nè, d'altro canto, la l. 8 giugno 1990, n. 142 avrebbe escluso che nelle materie di competenza regionale la legge statale possa attribuire direttamente ai comuni determinate funzioni ai sensi dell'art. 118, primo comma, Cost..

  3. Analogo ricorso ha proposto la Regione Veneto, con atto notificato il 30 marzo 1992, con il quale si deduce del pari l'illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 117 e 128 Cost., dell'art. 16 della l. 17 febbraio 1992, n. 179.

    Nel ricorso si...

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