Sentenza nº 485 da Constitutional Court (Italy), 27 Dicembre 1991

RelatoreUgo Spagnoli
Data di Resoluzione27 Dicembre 1991
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.485

ANNO 1991

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Dott. Aldo CORASANITI,

Giudici

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 11 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 15 gennaio 1991 dal Tribunale di Torino nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Bracco Rosario ed altro e Fallimento s.r.l. Axel ed altro, iscritta al n. 356 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visti gli atti di costituzione dell'I.N.A.I.L. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 novembre 1991 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso di un giudizio civile avente ad oggetto sia la domanda di risarcimento del danno da infortunio sul lavoro proposta da un lavoratore nei confronti del fallimento della società alle cui dipendenze egli aveva lavorato, sia la domanda di regresso proposta dall'I.N.A.I.L. per le somme pagate dall'istituto a titolo di indennità e per le spese accessorie da esso sostenute, il Tribunale di Torino ha sollevato, con riferimento agli artt. 2, 3, 32, primo comma e 38, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 e il del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui, in caso di infortunio sul lavoro, consentono all'I.N.A.I.L., per il recupero delle somme erogate al lavoratore infortunato, di esercitare l'azione di rivalsa "nei confronti del datore di lavoro civilmente responsabile con Pregiudizio del diritto dell'infortunato stesso al risarcimento del danno alla persona non altrimenti risarcito".

    Ritenuto che il fatto era configurabile come reato e che ne conseguiva, ai sensi degli artt. 185 cod. pen., 2049 cod. civ. e 10 d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, la responsabilità civile della società fallita per i danni subiti dal lavoratore, nonchè, ai sensi dell'art. 11 del medesimo d.P.R. n. 1124 del 1965, l'obbligo della medesima società di rimborsare all'I.N.A.I.L. le somme erogate per indennità e spese accessorie, il Tribunale ha rilevato che tali erogazioni erano superiori alla somma che sarebbe stata liquidabile al lavoratore a titolo di risarcimento del danno alla persona, secondo la disciplina civilistica in materia di responsabilità per fatto illecito (in particolare, nessun danno risarcibile era stato riconosciuto a titolo di perdita della capacità di guadagno, in quanto la menomazione subita dal lavoratore aveva si determinato la sostanziale impossibilità di riprendere la specifica attività lavorativa un tempo esercitata dall'infortunato, ma non aveva ripercussioni sulla diversa attività lavorativa alla quale egli si era dedicato dopo l'incidente e che attualmente svolgeva senza usura e senza riduzione della retribuzione).

    Ne conseguiva che l'istituto poteva essere ammesso al passivo soltanto per tale minore importo, ma per l'integralità di esso, in ragione dell'indirizzo giurisprudenziale secondo cui il credito dell'I.N.A.I.L. in via di regresso contro il datore di lavoro civilmente responsabile trova un limite quantitativo nel complessivo ammontare del risarcimento dei danno dovuto all'infortunato secondo le norme generali che disciplinano la responsabilità per fatto illecito, senza però che assuma rilievo la diversità tra le componenti del danno oggetto dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e quelle dei danno risarcibile secondo la disciplina civilistica e quindi con la possibilità per l'istituto di avvalersi, ai fini dei regresso, anche delle somme spettanti al lavoratore infortunato per risarcimento del danno biologico e del danno morale. Il lavoratore, d'altro canto, non aveva diritto ad alcun risarcimento da parte del datore di lavoro, in ragione dell'art. 10, sesto e settimo comma, del citato d.P.R. n. 1124 del 1965, secondo cui "non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo non ascende a somma maggiore dell'indennità che, per effetto del presente decreto, é liquidata all'infortunato o ai suoi aventi diritto", mentre, "quando si faccia luogo a risarcimento, questo é dovuto solo per la parte che...

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