Sentenza nº 153 da Constitutional Court (Italy), 13 Maggio 1987

RelatoreVincenzo Caianiello
Data di Resoluzione13 Maggio 1987
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 153

ANNO 1987

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente:

prof. Antonio LA PERGOLA;

Giudici:

prof. Virgilio ANDRIOLI,

prof. Giuseppe FERRARI,

dott. Francesco SAJA,

prof. Giovanni CONSO,

prof. Ettore GALLO,

dott. Aldo CORASANITI,

dott. Francesco GRECO,

prof. Renato DELL'ANDRO,

prof. Gabriele PESCATORE,

avv. Ugo SPAGNOLI,

prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

prof. Antonio BALDASSARRE,

prof. Vincenzo CAIANIELLO;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma; 2, primo comma e 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103 "Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva" promosso con ordinanza emessa il 4 maggio 1982 dal Consiglio di Stato - Sezione VI giurisdizionale - sul ricorso proposto dalla s.r.l. Belton contro il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, iscritta al n. 870 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 142 dell'anno 1983;

Visto l'atto di costituzione della s.r.l. Belton nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 10 febbraio 1987 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

Uditi l'avv. Maria Alessandra Sandulli per la s.r.l. Belton e l'Avvocato di Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ricorso depositato il 30 ottobre 1980 la Belton s.r.l. adiva il T.A.R. della Lombardia chiedendo l'annullamento del provvedimento con cui il direttore del Circolo Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche di Milano, in data 3 ottobre 1980, ordinava la disattivazione di un impianto di radiodiffusione, di proprietà della ricorrente, che trasmetteva in lingua tedesca, dal territorio italiano, verso la Svizzera e la Germania.

    A fondamento del provvedimento impugnato - adottato nell'esercizio del potere di autotutela di cui all'art. 195 u.c. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 - l'amministrazione poneva i seguenti motivi: a) violazione del divieto di installazione ed esercizio di impianti di telecomunicazione senza la relativa concessione (art. 195 - rectius: 183 - d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156) trattandosi, nella specie, di trasmissioni radiofoniche che, eccedendo l'ambito nazionale ed, ampiamente, anche quello locale, sono riservate al servizio pubblico dagli artt. 1 e 2 l. 14 aprile 1975, n. 103 e concedibili solo ai sensi del successivo art. 3 stessa legge; b) violazione dell'art. 240 d.P.R. n. 156/73 sul presupposto che le trasmissioni della emittente in questione provocano disturbi ed interferenze a quelle di altra emittente radio dell'amministrazione Svizzera, come da quest'ultima più volte lamentato.

    Nel corso del giudizio la ricorrente sollevava, con riferimento agli artt. 21, 41, 43 Cost., la questione di costituzionalità dell'art. 2 l. n. 103 del 1975 nella parte in cui riserva al monopolio statale le trasmissioni radiofoniche verso l'estero, non ricorrendo nel caso di specie i presupposti richiesti dall'art. 43 Cost. (e cioé che si tratti di "servizio pubblico essenziale" e che sussistano i "fini di utilità generale") per giustificare l'avvocazione in esclusiva del servizio stesso allo Stato.

    Nel rigettare il ricorso con sentenza in data 4 dicembre 1981 n. 1515 il giudice di primo grado rilevava la manifesta infondatezza della questione sollevata, in quanto le considerazioni svolte dalla Corte costituzionale per le trasmissioni su scala nazionale (e particolarmente quelle contenute nella sentenza 202/76) "non possono non valere anche per quelle su scala internazionale" nel cui ambito si deve ritenere ugualmente sussistente il pericolo della formazione di monopoli ed oligopoli privati.

  2. - La società proprietaria dell'impianto di radiodiffusione, ricorrendo in appello al Consiglio di Stato, riproponeva la questione di costituzionalità dianzi illustrata, estendendola al potere sanzionatorio previsto dall'art. 195 d.P.R. 156/73 nella parte concernente la riserva verso l'estero.

    Oltre la violazione dei già citati parametri costituzionali, la ricorrente assumeva che la predetta riserva era anche in contrasto: a) con il principio di ragionevolezza sancito dall'art. 3 Cost., in relazione alle finalità che il legislatore aveva inteso perseguire (ed espressamente dichiarate nell'art. 1 l. 103/75) riservando allo Stato, in via di principio, la diffusione radiofonica e televisiva su scala nazionale; b) con l'art. 10 primo comma Cost. che imporrebbe l'adeguamento automatico del nostro ordinamento alla norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta che sancisce la libertà di diffondere il pensiero senza limiti di frontiera (art. 10 convenzione europea dei diritti dell'uomo).

    Il Consiglio di Stato con sentenza non definitiva emessa in data 26 ottobre 1982, n. 508, prendendo le mosse dalla decisione di primo grado nella quale si dava atto che alcuni dei motivi posti a fondamento del provvedimento impugnato erano venuti meno avendone la ricorrente eliminato i presupposti di fatto (ponte radio abusivo, interferenze con le trasmissioni dell'emittente svizzera), delimitava l'oggetto del giudizio alla violazione del divieto di diffondere trasmissioni radiofoniche eccedenti l'ambito locale, senza concessione. Sul punto, affermava che l'attività svolta dall'emittente in questione, in quanto rivolta verso paesi esteri, non sarebbe suscettibile di essere puramente e semplicemente qualificata come eccedente l'ambito locale, dovendosi ritenere che la distinzione tra "scala nazionale" e "scala locale" - formulata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e recepita dal legislatore (art. 1 primo comma l. 103/75) - sia esclusivamente riferibile alle trasmissioni diffuse nel territorio italiano e destinate alla collettività dei cittadini. Decideva, pertanto, di rimettere all'esame di questa Corte, con separata ordinanza, la relativa questione di costituzionalità sollevata dalla ricorrente.

  3. - Nell'atto di rimessione, coevo alla citata decisione parziale, il giudice a quo sostiene in punto di rilevanza che l'ordine di disattivazione trarebbe la sua legittimazione proprio dalla norma che prevede la riserva allo Stato delle trasmissioni verso l'estero (art. 2 primo comma l. 103/75).

    Nel merito ritiene poi non manifestamente infondata la questione di costituzionalità degli articoli 1, 2, e 45 l. 103/75 nella parte in cui prevedono la predetta riserva (e la relativa potestà di autotutela) per le trasmissioni verso l'estero, diffuse circolarmente mediante impianti posti sulla terraferma. Tali norme, infatti, si porrebbero in contrasto con gli articoli 3, 21, 42 e 43 Cost., in quanto per le trasmissioni dirette verso l'estero non ricorrono gli stessi requisiti propri delle trasmissioni su scala nazionale, mancando nella specie il carattere di servizio pubblico essenziale, di preminente interesse generale, nel significato attribuitogli dall'art. 1 l. 103/75 e dalle sentenze della Corte costituzionale n. 202/76 e n. 148/81. Ed é proprio l'assenza di tali requisiti che non giustificherebbe, sul piano della legittimità costituzionale, il monopolio statale ed il correlativo parziale sacrificio della libertà di iniziativa economica e di manifestazione del pensiero.

    Peraltro, anche nell'ipotesi in cui si volesse ritenere che il citato articolo 1 vada riferito alle sole trasmissioni su scala nazionale, l'assenza, nelle attività in questione, dei requisiti previsti dall'art. 43 Cost. evidenzierebbe un ulteriore profilo di incostituzionalità consistente nella irragionevole (art. 3 Cost.) assimilazione, sul piano normativo, delle trasmissioni verso l'estero a quelle su scala nazionale.

    Atteso dunque che l'art. 43 non può giustificare la riserva in esame, il giudice a quo, ritiene di dover accertare se la stessa possa fondarsi su altre norme di diritto internazionale alle quali il nostro ordinamento é tenuto a conformarsi secondo quanto prescrive l'art. 10 primo comma Cost. In proposito, osserva il Consiglio di Stato, che non esiste nell'ordinamento internazionale alcuna norma che contenga un divieto generalizzato di trasmissioni verso l'estero (non potendosi interpretare in tal senso l'art. 7 par. 423 del regolamento delle radiocomunicazioni adottato a Ginevra il 21 dicembre 1959 - esattamente riprodotto nell'art. 30 par. 2666 del nuovo regolamento in vigore dal 1ø gennaio 1982 - concepito al solo scopo di evitare disturbi ed interferenze al servizio di radiodiffusione del paese confinante o vicino), mentre, a parte alcune norme che esplicitamente prevedono tale divieto in casi particolari (stazioni di radiodiffusione a bordo di navi, aeronavi, o di qualsiasi oggetto galleggiante o aereotrasportato, fuori dei territori nazionali oppure satelliti orbitanti che debbono diffondere il meno possibile emissioni su paesi diversi da quello desiderato), va rilevata la presenza di un principio generale - sancito dall'art. 10 n. 1 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali - che, assicurando la libertà di diffondere informazioni ed idee senza ingerenza della pubblica autorità e senza riguardo alle frontiere, porrebbe in contrasto la riserva in questione con l'art. 10 primo comma della Costituzione, tenuto anche conto del fatto che il divieto assoluto che il monopolio statale comporta (per cui é soltanto ammessa la concessione del servizio ad una società in totale mano pubblica) non é certamente assimilabile al regime di autorizzazione amministrativa che l'art. 24, par. 2020, del nuovo regolamento delle radiocomunicazioni espressamente impone per le attività di emittenza via etere.

    Ed é proprio la necessità di un regime di autorizzazione che ad avviso del giudice a quo - consente di ritenere giustificato il permanere del divieto di trasmissioni verso l'estero effettuate fuori dai territori nazionali (a bordo di navi, aereomobili, satelliti in orbita...), essendo, in tali ipotesi, se non impossibile almeno di...

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