Sentenza nº 190 da Constitutional Court (Italy), 25 Maggio 1987

RelatoreFrancesco Greco
Data di Resoluzione25 Maggio 1987
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 190

ANNO 1987

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente:

prof. Antonio LA PERGOLA;

Giudici:

prof. Virgilio ANDRIOLI,

prof. Giuseppe FERRARI,

dott. Francesco SAJA,

prof. Giovanni CONSO,

prof. Ettore GALLO,

prof. Giuseppe BORZELLINO,

dott. Francesco GRECO,

prof. Renato DELL'ANDRO,

prof. Gabriele PESCATORE,

avv. Ugo SPAGNOLI,

prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

prof. Antonio BALDASSARRE;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale:

  1. della legge 4 agosto 1978 n. 479, recante: "Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 6 luglio 1978, n. 351, recante modifiche alla legge 1ø giugno 1977, n. 285, sull'occupazione giovanile", per la parte in cui: 1) introduce un nuovo terzo comma all'art. 8 della legge 1ø giugno 1977 n. 285; 2) converte in legge l'ultimo comma dell'art. 26- bis della stessa legge, inserito dell'art. 21 del d.l. 6 luglio 1978 n. 351; 3) sostituisce gli artt. 16- ter e 16-quater della medesima legge, inseriti dagli artt. 13 e 14 del d.l. n. 351 del 1978;

  2. degli artt. 3 e 4 d.l. 30 ottobre 1984 n. 726 nel testo sostituito con legge di conversione 19 dicembre 1984 n. 863 (Misure urgenti a sostegno ed incremento dei livelli occupazionali), promossi con ricorsi della regione Lombardia (n. 3 ricorsi), della regione Liguria e della regione Valle d'Aosta (n. 2 ricorsi) contro il Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 22 settembre 1978, il 28 e 29 novembre 1984, il 28 novembre 1984 e il 19 gennaio 1985, depositati in cancelleria il 5 ottobre 1978, il 5, 6 e 7 dicembre 1984 ed il 25 gennaio 1985 ed iscritti al n. 27 del registro ricorsi del 1978, ai nn. 41, 45 e 46 del registro ricorsi del 1984 ed ai nn. 3 e 4 del registro ricorsi del 1985;

    Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

    Udito nell'udienza pubblica del 18 marzo 1987 il giudice relatore Francesco Greco;

    Uditi gli avv.ti Umberto Pototschnig per la regione Lombardia, Ludovico Villani per la regione Ligura, Enrico Romanelli per la regione Valle d'Aosta e l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consigio dei ministri.

    Ritenuto in fatto

    1. - Con ricorso in data 22 settembre 1978 (Reg. Ric. n. 27/1978) la regione Lombardia ha promosso in via principale la questione di legittimità costituzionale di talune disposizioni della legge 4 agosto 1978 n. 479 (di conversione con modificazioni del d.l. 6 luglio 1978 n. 351), le quali hanno inserito nella legge 1 giugno 1977 n. 285, sull'occupazione giovanile, un nuovo terzo comma dell'art. 8, nonché gli artt. 26- bis, 16- ter e 16-quater.

    Ad avviso della ricorrente tali disposizioni violano gli artt. 117, 118 e 119 Cost., in relazione anche agli artt. 35, 36 e 40 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, in quanto in materia di "istruzione artigiana e professionale" rimessa alla competenza regionale, affidano agli organi statali funzioni amministrative ulteriori e diverse rispetto a quelle loro riservate in sede di definizione della materia stessa e fissano criteri di utilizzazione da parte delle regioni dei fondi ad esse assegnati per l'esercizio di funzioni di loro competenza. In particolare:

  3. il nuovo terzo comma dell'art. 8 riserva alla commissione regionale per l'impiego la competenza a stabilire durata e modalità di svolgimento dell'attività di formazione professionale dei giovani che abbiano stipulato l'apposito contratto. Tali commissioni (che coincidono con quelle di cui all'art. 3- bis della legge e non con altre di cui all'art 3, che, ad avviso della ricorrente, risulta formalmente richiamato per un mero difetto tecnico di coordinamento, proprio della legge di conversione) erano già previste dall'art. 22 della legge n. 675/1977 con la vecchia denominazione di commissioni regionali per la mobilità. Si tratta di organi statali la cui composizione é interamente definita con la legge dello Stato (art. 22 cit.), che conferisce al Ministro per il lavoro il potere di procedere alle relative nomine. Si crea cosi, in violazione degli esposti principi costituzionali, un sistema di formazione professionale divaricato in due tronconi privi di reciproco collegamento: quello per i giovani che abbiano stipulato il contratto suddetto, voluto e gestito da organi statali e quello voluto ed attuato dalla Regione nell'esercizio della propria competenza generale in materia. D'altra parte, anche a voler ritenere corretto il richiamo all'art. 3 e non all'art. 3- bis, ne risulterebbe comunque lesa l'autonomia organizzativa della Regione, che verrebbe costretta ad esercitare funzioni di sua competenza non attraverso i propri organi ordinari, ma tramite un organo speciale previsto e disciplinato dalla legge statale;

  4. l'art. 23- bis, obbligando le regioni a destinare in via primaria a determinate attività (connesse ai contratti di formazione ed ai cicli formativi di cui all'art. 16- bis) la quota di finanziamenti del Fondo per l'Addestramento professionale dei lavoratori ad esse spettante, viola l'art. 119 Cost. perché l'utilizzazione delle relative somme é compito esclusivo delle regioni medesime, quale strumento di esercizio della loro potestà amministrativa in materia, implicante la libertà di assegnare le risorse finanziarie disponibili all'una o all'altra delle attività pertinenti a tale materia, senza vincoli di predeterminazione ab estrinsico;

  5. gli artt. 16- ter e quater affidano ad altra commissione, istituita presso ciascun ufficio provinciale del lavoro ed avente, a sua volta natura di organo statale, l'accertamento della qualifica professionale, ai fini della iscrizione nelle liste di collocamento, dei giovani che abbiano stipulato contratti di formazione, nonché il duplice compito di effettuare le prove di idoneità di cui all'art. 18 legge 19 gennaio 1955 n. 25 e successive modificazioni e l'accertamento della professionalità, agli stessi fini di cui sopra, nei casi in cui i lavoratori non possono documentare il possesso della qualifica dichiarata. Ad avviso della ricorrente, tali attribuzioni, dopo il d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 non possono più ritenersi di competenza statale: invero l'art. 35 di tale decreto prevede il trasferimento alle regioni di tutti i servizi e le attività destinate alla formazione, al perfezionamento e alla riqualificazione, con esclusione soltanto di quelle dirette al conseguimento del titolo di studio o diploma di istruzione secondaria superiore, universitaria o post-universitaria. Il trasferimento, inoltre, riguarda (art. 36) anche le attività relative alla formazione professionale degli apprendisti in tutti gli aspetti disciplinati dalla legge 19 gennaio 1949 n. 25 e successive modificazioni. é, pertanto, da ritenere caducata la riserva allo Stato, già prevista dall'art. 7 lettera a) del d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 10, relativamente alla disciplina dell'attribuzione delle qualifiche professionali a fini di collocamento: ed infatti l'art. 40 del d.P.R. n. 616/1977, nell'elencare in modo tassativo le attività riservate allo Stato non ripete tale riserva. In materia, del resto, la ricorrente Regione ha già legiferato (art. 8 l. reg. Lombardia 16 giugno 1975 n. 93) recependo appunto il criterio di ripartizione cui si informa il d.P.R. da ultimo citato.

    La materia del riconoscimento delle diverse qualifiche professionali, quand'anche investisse interessi di dimensioni nazionali, si sarebbe prestata ad un intervento statale inteso a fissare in apposita legge-quadro principi generali di uniforme applicazione sul territorio, senza riservare, come é invece accaduto, ad un organo dello Stato l'esercizio concreto delle implicate funzioni amministrative.

    1. - é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato che ha concluso nel senso dell'infondatezza dell'avversa pretesa.

      Secondo la difesa dell'autorità intervenuta la competenza di organi statali, quali sono le commissioni regionali per l'impiego, si giustifica, con riferimento alla materia dei contratti di formazione, in quanto questi non hanno soltanto funzione di addestramento professionale ma anche di costituzione di un rapporto di lavoro subordinato. In relazione appunto a tale ultima funzione, ritenuta di precipuo rilievo, é istituita una competenza degli organi suddetti rispondente allo scopo di attuare compiutamente la regolamentazione giuridica dei rapporti contrattuali in questione.

      La predeterminazione dei criteri di utilizzazione dei finanziamenti é poi in linea con le previsioni dell'art. 3 legge 22 luglio 1975, n. 382 che prevede l'esercizio da parte dello Stato della funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle regioni a statuto ordinario pertinenti ad esigenze di carattere unitario. Invero i problemi dell'occupazione giovanile hanno una dimensione che trascende l'ambito di interesse regionale onde si giustifica una norma che, come l'impugnato art. 26- bis, detti una direttiva di massima intesa a dare effettività allo strumento addestrativo al fine dello sperato incremento dell'occupazione giovanile.

      Infine, quanto alla materia dell'attribuzione delle qualifiche professionali, si rileva che questa si riverbera direttamente sul collocamento e sulla disciplina degli instaurandi rapporti di lavoro, cioé su materie in ordine alle quali non compete alle regioni potestà alcuna.

      Detta attribuzione costituisce l'atto finale dell'attività addestrativa, ma, per tali implicazioni con materie di sicura competenza statale, se ne giustifica ampiamente la disciplina dettata con le norme censurate.

      Proprio per tale considerazione deve anzi ritenersi tuttora operante la riserva in favore dello Stato risultante dall'art. 7 lettera a) del d.P.R. n. 10/1972: ma se anche si volesse considerarla caducata in forza di norme successive, nessun principio costituzionale impedirebbe di ritenerla legittimamente ripristinata con atto successivo avente valore formale di legge ordinaria dello Stato.

    2. ...

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