Sentenza nº 171 da Constitutional Court (Italy), 07 Luglio 1986

RelatoreRenato Dell'Andro
Data di Resoluzione07 Luglio 1986
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 171

ANNO 1986

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. LIVIO PALADIN, Presidente

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO

Prof. ETTORE GALLO

Dott. ALDO CORASANITI

Prof. GIUSEPPE BORZELLINO

Dott. FRANCESCO GRECO

Prof. RENATO DELL'ANDRO

Prof. GABRIELE PESCATORE, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi quarto e sesto, della legge 18 aprile 1975, n. 110 ("Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi"), promossi con ordinanze emesse il 17 luglio 1980 dal Pretore di Poggibonsi, il 10 febbraio 1982 dal Tribunale di Ravenna, il 10 maggio 1982 dal Pretore di Desio, il 29 maggio 1982 dal Pretore di Rimini, il 22 marzo 1982 dal Pretore di Lucca, il 3 maggio 1983 dal Tribunale di Sondrio (n. 2 ordinanze), il 24 novembre 1982 dal Pretore di Lucca, il 16 febbraio 1984 dal Pretore di Breno, il 26 settembre 1983 dal Tribunale di Bergamo, il 15 febbraio 1984 dal Pretore di Genova ed il 1 dicembre 1984 dal Pretore di Torino, rispettivamente iscritte al n. 826 del registro ordinanze 1980, nn. 168, 487 e 753 del registro ordinanze 1982, nn. 747, 785, 786 e 964 del registro ordinanze 1983, nn. 439, 442 e 1006 del registro ordinanze 1984 e n. 219 del registro ordinanze 1985 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41 dell'anno 1981, nn. 206 e 351 dell'anno 1982, n. 88 dell'anno 1983, nn. 46 e 32 dell'anno 1983, nn. 95 e 266 dell'anno 1984 e 34 bis e 173 bis dell'anno 1985.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1986 il Giudice relatore Renato Dell'Andro.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza del 17 luglio 1980 (reg. ord. n. 826/ 80), emessa nel corso di un procedimento penale a carico di Martinelli Claudio, imputato del reato di cui all'art. 5, commi quarto e sesto, della legge 18 aprile 1975 n. 110, per avere detenuto nella propria abitazione una pistola giocattolo scacciacani priva del prescritto tappo rosso, il Pretore di Poggibonsi ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., del combinato disposto dei suddetti commi quarto e sesto dell'art. 5 della legge 18 aprile 1975 n. 110 ("Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi"), in quanto non viene fatta alcuna distinzione di trattamento penale tra le figure del fabbricante, dell'importatore, del detentore e del portatore di armi giocattolo.

    Osserva il Pretore che é aberrante la disparità di trattamento tra situazioni che hanno un disvalore sociale e giuridico che meriterebbe una ben altra considerazione quoad poenam. Tale disparità viene evidenziata anche dal raffronto con la fattispecie di cui al precedente art. 4, il quale, per il porto fuori dall'abitazione di un'arma vera e propria, e cioé per una condotta senz'altro più pericolosa di quella in esame, prevede pene di entità minore e, per i casi più lievi, la possibilità di applicare la sola ammenda. Inoltre, il comma sesto dell'art. 5 non proporziona la misura della pena al tipo di condotta specifica tenuta dal trasgressore, contrariamente a quanto accade per colui che contravviene alla normativa sulla detenzione e sul porto delle armi vere e proprie (art. 4 legge n. 110 del 1975 e artt. 10 e 12 legge 14 ottobre 1974 n. 497). Vi é altresì, conclude il Pretore, una ingiustificata disparità di trattamento fra chi detiene nella propria abitazione un'arma giocattolo priva del tappo rosso, non realizzando certamente una condotta particolarmente pericolosa e meritevole di una così dura repressione penale, e chi la porta sulla pubblica via, creando in tal modo una situazione di effettivo pericolo per la sicurezza dei beni e la tranquillità dei consociati. La illogicità di una tale parificazione di figure giuridiche che meriterebbero un trattamento penale differenziato (detentore, portatore, fabbricante, ecc.) risulta anche dallo stesso sistema legislativo sancito per le armi in genere, le armi comuni da sparo e quelle da guerra.

  2. - Identica questione é stata sollevata dal Tribunale di Ravenna con ordinanza del 10 febbraio 1982 (reg. ord. n. 168/82).

    Osserva il Tribunale che le disposizioni di cui ai commi quarto e sesto dell'art. 5 della legge 18 aprile 1975 n. 110 prevedono la pena edittale della reclusione da uno a tre anni e della multa da lire 100.000 a lire 1.000.000 ed inoltre accomunano nell'identica previsione punitiva sia l'ipotesi di fabbricazione di giocattoli trasformabili in armi da guerra o comuni da sparo e di giocattoli aventi la canna priva di tappo rosso incorporato e sia l'ipotesi di detenzione dei medesimi giocattoli. Per contro, la detenzione di armi comuni da sparo é punita con la reclusione da otto mesi a cinque anni e quattro mesi e con la multa da lire 133.334 a lire 1.000.000. Queste pene possono poi essere ridotte in misura non eccedente i due terzi quando il fatto debba ritenersi di lieve entità, mentre tale diminuente non é invece applicabile all'ipotesi di detenzione di arma giocattolo priva di tappo rosso. Ritiene pertanto il Tribunale che questo sistema sanzionatorio, nella fissazione dei minimi edittali, rivela una assolutamente ingiustificata disparità di trattamento a favore della ipotesi di detenzione di arma comune da sparo ed a sfavore di quella di detenzione di arma giocattolo sprovvista di tappo rosso, che invece presenta evidenti profili di minore pericolosità e gravità.

  3. - La medesima questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi quarto e sesto, della legge 18 aprile 1975 n. 110, in riferimento all'art. 3, comma primo, Cost., é stata altresì sollevata dal Pretore di Rimini con ordinanza del 29 maggio 1982 (reg. ord. n. 753/82), dal Pretore di Lucca con ordinanza del 22 marzo 1982 (reg. ord. n. 747/82) e con altra ordinanza dell'8 novembre 1982 (reg. ord. n. 964/82), dal Tribunale di Bergamo con ordinanza del 26 settembre 1983 (reg. ord. n. 442/84), e dal Pretore di Genova con ordinanza del 15 febbraio 1984 (reg. ord. n. 1006/84), dal Pretore di Torino con ordinanza del 1 dicembre 1984 (reg. ord. n. 219/ 85), nonché dal Tribunale di Sondrio con due ordinanze del 3 maggio 1983 (reg. ord. nn. 785 e 786/83).

    Nel merito le prime sei di queste ordinanze svolgono le stesse considerazioni contenute nell'ordinanza 10 febbraio 1982 del Tribunale di Ravenna. Il Tribunale di Sondrio sottolinea inoltre che le norme impugnate puniscono con identica pena sia chi detiene nella propria abitazione un'arma giocattolo priva del prescritto tappo rosso incorporato sia chi, invece, la produce o la porta in luogo pubblico, e che la detenzione ed il porto di un'arma giocattolo sono puniti con pena edittale superiore nel minimo a quella prevista per la detenzione ed il porto di arma comune da sparo, ai quali può anche applicarsi l'attenuante del fatto di lieve entità di cui all'art. 5 della legge 2 ottobre 1967 n. 895, inapplicabile invece al caso in esame.

  4. - L'art. 5, ultimo comma, della legge 18 aprile 1975 n. 110, nella parte in cui prevede la stessa pena edittale per chi fabbrica, detiene e porta fuori dalla propria abitazione una arma giocattolo priva del prescritto tappo rosso e nella parte in cui punisce con un minimo edittale maggiore la sua detenzione rispetto a quella illegale di arma comune da sparo, per l'inapplicabilità alla prima ipotesi dell'attenuante del caso di lieve entità, é stato altresì impugnato, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Pretore di Breno con ordinanza del 16 febbraio 1984 (reg. ord. n. 439/84).

    Osserva il Pretore che il contrasto con l'art. 3 Cost. si ricava dalla diversità ontologica delle tre ipotesi (fabbricazione, detenzione e porto fuori dall'abitazione) identicamente punite, nonché dal diverso allarme sociale eventualmente destato, in quanto appare ictu oculi più grave l'ipotesi di chi produce armi giocattolo contra legem e di chi le porta fuori dalla propria abitazione a contatto con i cittadini, rispetto a chi le detiene ben riposte in casa (caso questo in cui appare minimo l'allarme sociale destabile). Né tali conclusioni contrastano con la ratio ispiratrice della norma, atteso che essa é stata dettata per il pericolo che l'arma giocattolo, priva del tappo rosso e così resa irriconoscibile ad un occhio inesperto, possa eventualmente essere usata per commettere reati, e che dunque non é ragionevole punire allo stesso modo chi la conserva in casa e chi la porta fuori casa. D'altra parte la differenza tra le tre ipotesi é nota al legislatore che punisce in modo differenziato la fabbricazione, la detenzione e il porto abusivo di armi.

    Osserva inoltre il Pretore che appare altresì irrazionale che la detenzione illegale di armi, ove ricorra il caso di lieve entità, sia punibile con pena minima di mesi sei di reclusione, mentre la detenzione di arma giocattolo non conforme alla legge soggiace a pena più elevata nel minimo, stante l'inapplicabilità dell'attenuante di cui all'art. 5 della legge 2 ottobre 1967 n. 895.

  5. - Tutte le suddette ordinanze sono state regolarmente comunicate, notificate e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale.

    Nei relativi giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza delle questioni.

    Osserva l'Avvocatura che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, spetta al legislatore valutare discrezionalmente parità o diversità di situazioni, pur nel rispetto dei criteri di ragionevolezza e degli altri principii costituzionali, e solamente al legislatore spetta determinare l'entità della pena con un apprezzamento di politica legislativa che può formare oggetto di censura solo quando la sperequazione tra reato e pena assuma dimensioni tali da non riuscire sorretta da ogni benché minima...

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