Sentenza nº 132 da Constitutional Court (Italy), 06 Maggio 1985

RelatoreAntonio La Pergola
Data di Resoluzione06 Maggio 1985
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 132

ANNO 1985

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO

Prof. ETTORE GALLO

Dott. ALDO CORASANITI

Prof. GIUSEPPE BORZELLINO

Dott. FRANCESCO GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22 della Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, come sostituito dall'art. XI del Protocollo dell'Aja del 28 settembre 1955, resi esecutivi in Italia con le leggi 19 maggio 1932, n. 841 e 3 dicembre 1962, n. 1832, promosso con ordinanza emessa il 17 gennaio 1983 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Coccia Ugo ed altra e la soc. Turkish Airlines, iscritta al n. 404 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 260 del 1983.

Visti gli atti di costituzione della soc. Turkish Airlines e di Coccia Ugo nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1984 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

uditi gli avvocati Guido Rinaldi Baccelli per Coccia Ugo, Carlo Spani per la soc. Turkish Airlines e l'avvocato dello Stato Dante Corti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza emessa il 17 gennaio 1983 il Tribunale di Roma, nel procedimento civile vertente tra Coccia Ugo ed altra e la Società Turkish Airlines, ha sollevato questione di costituzionalità dell'art. 22 della Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, come sostituito dall'art. XI del Protocollo dell'Aja del 28 settembre 1955, resi rispettivamente esecutivi in Italia con le leggi 19 maggio 1932, n. 841 e 3 dicembre 1962, n. 1832, in relazione agli artt. 2, 32 e 3 della Costituzione.

    Il Tribunale, premesso che, con sentenza non definitiva del gennaio 1979, aveva affermato la responsabilità, ai sensi dell'art. 17 della detta Convenzione, della Turkish Airlines in relazione al disastro aereo avvenuto in Turchia il 20 settembre 1976, nel quale era perita l'unica figlia degli attori costituitisi per ottenere dalla Compagnia aerea il risarcimento dei danni, e ritenuto che ai fini della relativa liquidazione si deve applicare l'art. 22 della Convenzione di Varsavia, in difetto della prova da parte degli attori circa la più grave responsabilità prevista dall'art. 25 della Convenzione, rileva che gli attori hanno eccepito l'incostituzionalità del suddetto art. 22 per presunto contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost..

    Il giudice a quo ritiene innanzitutto che la questione sia rilevante, pur essendo la norma ritenuta incostituzionale contenuta in un Trattato internazionale, dato che la relativa legge di esecuzione non può non essere oggetto, al pari delle altre leggi, del sindacato di costituzionalità.

    Tale questione, secondo il Tribunale di Roma, non é poi manifestamente infondata sotto il profilo di cui agli artt. 2 e 32 Cost., in quanto "qualunque sia il tasso di scambio fra la moneta italiana e quella parametralmente prevista nell'ambito della Convenzione di cui si tratta", il limite di responsabilità del vettore aereo previsto dalla norma denunciata non garantirebbe i diritti inviolabili dell'uomo, tra cui quello all'incolumità personale e alla conservazione della personalità e dell'integrità fisica che ne fa parte, e non consentirebbe la completa risarcibilità del danno morale e patrimoniale, in violazione dei doveri di solidarietà economica e sociale imposti dalla Costituzione.

    Il giudice a quo ritiene inoltre non manifestamente infondata la censura anche sotto il profilo della presunta violazione dell'art. 3 Cost., in quanto il suddetto art. 22 non prenderebbe in considerazione la diversità delle condizioni economiche e sociali dei passeggeri aerei, portando a conseguenze dannose del tutto diverse, in riferimento alla differenza di condizioni socio-economiche dei danneggiati; infine, i passeggeri aerei sarebbero discriminati rispetto a quelli che utilizzano altri mezzi di trasporto, in rapporto ai quali non é previsto alcun limite di responsabilità per il vettore, senza che tale differenziazione possa giustificarsi, come in passato, per una maggiore pericolosità del trasporto aereo, che secondo il Tribunale non sussisterebbe più, essendo il tasso di mortalità relativo ai viaggi aerei ridotto a 0,08 per 100 milioni di passeggeri chilometro.

  2. - I coniugi Coccia, costituitisi nel presente giudizio di costituzionalità, rilevano attraverso la loro difesa che nessun limite di responsabilità in caso di danni ai passeggeri é previsto per i trasporti di superficie. Tale discriminazione dei passeggeri aerei rispetto a quelli superficiari non sarebbe ragionevole in quanto la disciplina giuridica della responsabilità del vettore aereo non differisce, quanto ai criteri di imputazione e alla ripartizione dell'onere della prova, da quella stabilita in materia di trasporto terrestre, stradale e marittimo: l'art. 1681 del codice civile detta criteri di responsabilità per tutti i vettori e la formula da esso adottata é analoga a quella degli artt. 17 e 20 della Convenzione di Varsavia, poi riprodotta dall'art. 962 del codice della navigazione (per il vettore aereo); sostanzialmente non dissimile, poi, é la formula adottata dall'art. 409 di quest'ultimo codice per il vettore marittimo. é poi giurisprudenza costante che in tutte le ipotesi di trasporto il danno provocato da causa ignota resta a carico del vettore.

    La disciplina giuridica della responsabilità é quindi comune per tutti i mezzi di trasporto: l'imposizione del limite di responsabilità per il vettore aereo non comporta pertanto vantaggi per il passeggero, né di carattere sostanziale, né processuale.

    Osserva inoltre la difesa della parte privata che i presupposti invocati nel 1929 per giustificare un limite della responsabilità del vettore aereo non sembrano più valere oggi in seguito all'incremento del traffico aereo e della sua sicurezza. Il tasso di mortalità nel 1980 é ridotto a 0,08 per ogni 100 milioni di passeggeri-chilometri trasportati. Le entrate delle compagnie dei 141 paesi membri dell'apposita Associazione Internazionale ICAO sono state nel 1980 di 87.500 milioni di dollari. In base a tali dati il limite di responsabilità per il vettore aereo appare privo di ogni ragionevole giustificazione. Va notato peraltro che attualmente solo l'industria del trasporto aereo e non anche quella delle costruzioni aereonautiche e nemmeno l'organizzazione delle infrastrutture aereoportuali e di radioassistenza beneficia del limite di responsabilità in questione. Ciò comporta una inammissibile discriminazione anche sul piano assicurativo.

    Rileva ancora la difesa di parte privata che il suddetto limite al risarcimento violerebbe, inoltre, la tutela della dignità umana e contrasterebbe sia con l'art. 2 che con l'art. 32 della Costituzione. In relazione alla pretesa violazione dell'art. 2 viene ricordato come la Corte abbia affermato che tale articolo ha efficacia anche sotto il profilo patrimoniale e in particolare con riguardo al campo del risarcimento (sentenza n. 46 del 1971).

    La crisi del sistema, fondato sulla Convenzione di Varsavia si é manifestata all'inizio degli anni sessanta, soprattutto per l'insufficienza del limite di risarcimento, previsto appunto dall'art. 22; negli Stati Uniti la cifra ivi stabilita é stata ritenuta del tutto inadeguata, anche nella misura prevista dal Protocollo dell'Aja.

    Nel 1965 il Governo statunitense ha deciso di non ratificare il Protocollo dell'Aja, e di denunziare altresì la Convenzione di Varsavia.

    L'aviazione civile era già avviata a divenire mezzo di comunicazione di massa, e la forte diminuzione del rischio di volo riduceva di molto l'ammontare dei prezzi. Il Governo statunitense ha poi ritirato la denunzia della Convenzione, ma solo a seguito della stipulazione fra il Civil Aeronautics Board e le compagnie aderenti alla IATA, del cosiddetto Accordo di Montreal, con il quale le compagnie si impegnavano ad elevare il limite di responsabilità fino a 75.000 dollari, e rinunziavano altresì al mezzo di difesa previsto dall'art. 20 della Convenzione, accettando in pratica il principio della responsabilità obiettiva per i voli che interessavano il territorio degli Stati Uniti.

    L'Accordo di Montreal ha peraltro posto le premesse di quella radicale trasformazione del sistema convenzionale uniforme, la quale, successivamente adottata mediante il Protocollo di Guatemala dell'8 marzo 1971, si basa sui seguenti criteri:

    1) Il limite di responsabilità é elevato a 1.250.000 franchi; 2) é prevista la responsabilità assoluta a carico del vettore aereo; 3) il nuovo limite non può essere in alcun caso superato.

    Il costo necessario alla copertura assicurativa entra a far parte, pertanto, del costo generale necessario per produrre la merce e offrire il servizio, traducendosi nel prezzo di vendita e quindi finendo per ripercuotersi sul consumatore. In simili condizioni non ha più senso mantenere a carico del vettore una responsabilità per colpa: in caso di sinistro la vittima dovrà essere in ogni caso risarcita. Il Protocollo di Guatemala recepisce pienamente tale criterio, non soltanto per quanto concerne il profilo soggettivo della responsabilità (sopprimendo l'art. 20 della Convenzione) ma anche per quanto concerne lo stesso nesso causale, sostituendo, nell'art. 17 della Convenzione, all'espressione "accident" quella di "danno" prodottosi durante il trasporto.

    Il Protocollo, infine, introduce sia lo strumento della revisione periodica del limite di responsabilità, sia la possibilità per gli Stati di stabilire sul proprio territorio un piano di indennizzo...

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