Sentenza nº 26 da Constitutional Court (Italy), 15 Febbraio 1984

RelatoreProf
Data di Resoluzione15 Febbraio 1984
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 26

ANNO 1984

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente

Prof. ANTONINO DE STEFANO

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO

Prof. ETTORE GALLO

Dott. ALDO CORASANITI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge 12 agosto 1962 n. 1338 (disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 31 gennaio 1978 dal Pretore di Arezzo nel procedimento civile vertente tra Narizzano Umberto e l'INPS, iscritta al n. 149 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 154 dell'anno 1978;

2) ordinanza emessa il 18 ottobre 1979 dal Pretore di Padova nel procedimento civile vertente tra Vettore Iolanda e l'INPS, iscritta al n. 989 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 64 dell'anno 1980;

3) ordinanza emessa il 22 ottobre 1980 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra INPS e Baudo Maddalena Giuseppina, iscritta al n. 827 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 56 dell'anno 1981;

4) ordinanza emessa il 27 maggio 1981 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Lamarca Salvatore e clinica Pinna Pintor ed altro, iscritta al n. 599 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12 dell'anno 1982.

Visti gli atti di costituzione dell'INPS e di Narizzano Umberto nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1983 il Giudice relatore Prof. Giuseppe Ferrari;

uditi l'avv. Gerardo Piciché per l'INPS e l'Avvocato generale dello Stato Vito Cavalli, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - In un giudizio promosso da tale Narizzano Umberto, che aveva convenuto in giudizio l'INPS per sentir affermare il suo diritto alla costituzione della rendita di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, per il periodo dall'1 settembre 1945 al 31 maggio 1948, con la conseguente condanna dell'Istituto all'accreditamento della relativa riserva matematica, il Pretore di Arezzo, rilevato che il ricorrente non aveva prodotto alcun documento di data certa circa la durata del rapporto di lavoro e l'ammontare della retribuzione, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, quinto comma, della legge n. 1338 del 1962, nella parte in cui non prevede che il lavoratore possa dimostrare in giudizio con qualsiasi mezzo di prova la durata del rapporto di lavoro di cui sia certa l'esistenza, nonché l'ammontare della retribuzione.

    L'equiparazione, in ordine alla prova da fornire ai fini della costituzione della rendita vitalizia, del datore di lavoro e del lavoratore violerebbe il principio di cui all'art. 3 Cost. poiché non terrebbe conto della diversità della situazione di fatto nella quale versa il lavoratore, che non dispone - in quanto per legge tenuti dal solo datore di lavoro - del libro paga e del libro matricola debitamente vidimati, unici documenti di data certa utili a provare l'esistenza e la durata del rapporto, nonché l'ammontare delle retribuzioni. Il lavoratore, invece, se con il libretto di lavoro o con attestato dell'ufficio di collocamento (comunque per epoche successive all'entrata in vigore della norma sul collocamento dei lavoratori) potrebbe dimostrare l'effettiva sussistenza e la durata del rapporto, non sarebbe tuttavia mai in grado di provare con documento di data cena la misura della retribuzione.

    La maggiore gravosità dell'onere probatorio di fatto addossato al lavoratore si risolverebbe altresì nella violazione dell'art. 24 Cost., frapponendo ostacoli pressoché insormontabili all'esercizio da parte di quest'ultimo del diritto alla costituzione della rendita vitalizia.

  2. - Analoga questione di legittimità costituzionale é stata sollevata con ordinanza del 18 ottobre 1979 dal Pretore di Padova che, nel procedimento vertente tra Vettore Jolanda e l'INPS, ha denunciato il quarto e il quinto comma dell'art. 13, legge n. 1338 del 1962, in riferimento agli artt. 24 e 38 Cost., laddove escludono il diritto del lavoratore o del datore di lavoro di provare con mezzi diversi da prove documentali di data certa il rapporto di lavoro e la retribuzione.

    Premesso che, secondo il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. lav., 17 ottobre 1978, n. 4658; Cass., 27 giugno 1973, n. 1858) e di merito, né il datore di lavoro né il lavoratore possono esercitare la facoltà di cui all'art. 13 legge cit. se non adducendo prove documentali di data certa, il giudice a quo prospetta anzitutto il contrasto di siffatta limitazione probatoria con l'art. 38 (secondo comma) Cost., giacché essa potrebbe comportare l'esclusione del riconoscimento del diritto alla pensione di vecchiaia - migliorativa di quella sociale - benché in realtà obiettivamente sussistano le condizioni sostanziali per la prosecuzione volontaria dell'assicurazione obbligatoria. Né, continua l'ordinanza, la limitazione probatoria posta dalla norma può ritenersi giustificata dall'esigenza di evitare facili collusioni tra datore di lavoro e lavoratore, che ben potrebbero precostituire fraudolentemente anche dichiarazioni documentali di data certa, come per esempio la busta paga (ma si v. l'art. 2704 c.c.). Neppure potrebbe la limitazione in esame giustificarsi in considerazione del fatto che l'art. 13 cit. estende i limiti della tutela previdenziale al caso di "contributi prescritti", giacché all'impossibilità per l'INPS di procedere al recupero viene posto rimedio proprio col versamento della c.d. riserva matematica.

    L'esclusione di mezzi di prova diversi da quelli previsti porrebbe poi un ingiustificato limite alla possibilità di ottenere l'accertamento giudiziale del pregresso rapporto di lavoro, così ponendosi in contrasto con l'art. 24 Cost.

  3. - La disposizione di cui al quinto comma dell'art. 13 in relazione al quarto comma dello stesso articolo, viene anche denunziata - con particolare dovizia di argomentazioni - dal Tribunale di Torino in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma, 38, secondo e quarto comma, e 3, primo comma, Cost. "nella parte in cui stabilisce che, ai fini della costituzione della rendita vitalizia reversibile, é necessario che l'effettiva esistenza e la durata del rapporto di lavoro e la misura della retribuzione corrisposta siano provate mediante documenti di data certa anche quando la costituzione di tale rendita é chiesta dal lavoratore in sede giudiziaria e in contraddittorio, oltre che col datore di lavoro, con l'INPS, anziché consentire che, in tale caso l'accertamento dei suddetti fatti possa essere effettuato dal giudice mediante l'utilizzazione di ogni mezzo di prova ammissibile per diritto comune e specie ai sensi dell'art. 421, secondo comma, c.p.c.".

    Decidendo sull'appello proposto dall'INPS avverso la sentenza pretorile che aveva dichiarato l'obbligo dell'Istituto di costituire la rendita vitalizia ex art. 13 legge n. 1338 del 1962 a favore dell'appellata Baudo, il giudice a quo, dopo aver rilevato che il pretore aveva fondato l'accertamento dell'esistenza e della durata del rapporto su prove testimoniali e che la misura della retribuzione era stata calcolata dallo stesso Istituto - su ordine del pretore - alla stregua delle previsioni dei contratti collettivi dell'epoca, preliminarmente evidenzia come costituisca costante e consolidato orientamento giurisprudenziale che la prova di cui all'art. 13 cit. possa essere data esclusivamente mediante documentazione di data certa anche quando la costituzione della rendita sia chiesta dal lavoratore in sede giudiziaria con avvenuta integrazione del contraddittorio nei confronti dell'INPS. Rileva quindi che se la controversia dovesse decidersi alla stregua della norma così come costantemente interpretata, l'appello andrebbe senz'altro accolto.

    Quanto all'addotta violazione dell'art. 3 Cost., osserva dunque il Tribunale di Torino che, oltre all'irragionevole equiparazione delle posizioni del datore di lavoro e del lavoratore, la norma disciplina anche ingiustificatamente in modo uguale situazioni profondamente diverse, quali, da un lato, l'accertamento dell'esistenza e delle caratteristiche del rapporto di lavoro in sede amministrativa da parte dello stesso INPS (che non dispone di particolari strumenti tecnici e giuridici d'accertamento, talché può non apparire irragionevole che in tale sede la prova possa essere solo quella documentale con data certa) e, dall'altro, quello effettuato in sede giudiziale dal giudice che, a parte la adeguata competenza ed esperienza professionale, può avvalersi di tutti i necessari mezzi di prova ammessi dalla legge; segnatamente dall'art. 421, secondo comma, cod. proc. civ., nel testo novellato.

    In ordine al prospettato contrasto con l'art. 24, primo e secondo comma, Cost., premesso che il fatto sostanziale da cui deriva il diritto del lavoratore alla costituzione della rendita vitalizia é evidentemente l'intervenuta prestazione di opera di lavoro subordinato senza che il datore di lavoro versasse i prescritti contributi, costituendo i richiesti documenti di data certa meri mezzi di prova, il giudice a quo pone in rilievo come il lavoratore si trovi in grandissima difficoltà nell'offrire tali mezzi di prova considerato: a) che la legge civile non richiede la forma scritta per il contratto di lavoro subordinato neppure ad probationem; b) che la legge non...

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