Sentenza nº 245 da Constitutional Court (Italy), 05 Novembre 1984

RelatoreLivio Paladin
Data di Resoluzione05 Novembre 1984
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 245

ANNO 1984

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Prof. GIOVANNI CONSO

Prof. ETTORE GALLO

Dott. ALDO CORASANITI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 7, commi undicesimo, dodicesimo e tredicesimo, 19, 24, comma primo, lett. b, 25, commi secondo e terzo, 27, comma primo e ultimo, 28, 29, 31, 32, comma quinto e 35, comma quattordicesimo, della legge 27 dicembre 1983, n. 730 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1984)", promossi con ricorsi dei Presidenti delle Giunte delle Regioni Veneto e Trentino-Alto Adige, delle Province autonome di Trento e Bolzano, delle Regioni Sicilia, Campania, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna e Lombardia, notificati il 26 e 27 gennaio 1984, depositati in cancelleria il 1, il 3 e il 6 febbraio 1984 ed iscritti ai nn. da 3 a 12 del registro ricorsi 1984.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 29 maggio 1984 il Giudice relatore Livio Paladin;

uditi gli avvocati Giorgio Berti per la Regione Veneto, Giuseppe Guarino e Roland Ritz per la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e Bolzano, Giuseppe Fazio per la Regione Sicilia, Giuseppe Cioffi per la Regione Campania, Alberto Predieri per la Regione Toscana e Valerio Onida per le Regioni Piemonte, Emilia-Romagna e Lombardia, nonché gli avvocati dello Stato Giorgio Azzariti e Paolo Vittoria.

Ritenuto in fatto

  1. Con ricorso notificato il 27 gennaio 1984, la Regione Veneto, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta, rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Berti, Matteo Pagnes e Guido Viola, ha chiesto che venga dichiarata l'illegittimità costituzionale degli artt. 7, comma tredicesimo, 19, in relazione al 16, 28, 29, 31 comma secondo, e 35, comma quattordicesimo, della l. 27 dicembre 1983, n. 730 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1984) "), per violazione degli artt. 5, 81, comma quarto, 115, 117, 118, 119, 123, 130 e 136 della Costituzione.

    1. Con l'art. 7, comma tredicesimo, della l. 730/1983 si stabilisce che i disavanzi delle aziende di trasporto pubblico locale, non ripianabili con i contributi regionali di esercizio, devono essere coperti dalle Regioni mediante adeguamenti tariffari o con prelievo dei fondi necessari dalle rispettive quote del fondo comune. Secondo la ricorrente, tale norma sarebbe del tutto analoga a quella contenuta nell'art. 31, comma primo, del d.l. 55/1983, convertito in l. 131/1983, e già dichiarata illegittima (nella parte appunto in cui prevedeva che al ripiano dei predetti disavanzi, per il 1983, dovessero far fronte le Regioni con il maggior gettito dei tributi propri), per violazione dell'autonomia finanziaria regionale ed imposizione di spesa priva della relativa copertura (sentenza n. 307/1983). Con ciò - a parte l'autonomo profilo di contrasto con l'art. 136 Cost. (ravvisabile nella elusione, da parte del legislatore, del giudicato costituzionale) - si riproporrebbero, nei confronti della norma impugnata, gli stessi motivi di illegittimità già evidenziati a carico del predetto art. 31. Né varrebbe in contrario rilevare che l'art. 7 della l. 730 indica gli "adeguamenti tariffari" e le "quote del fondo comune" come possibili fonti di copertura dei disavanzi in questione: poiché, per un verso, "il fondo comune, dal punto di vista della autonoma disponibilità della regione, non può avere qualificazione e sorte diversa dai tributi propri" e, per altro verso, sulla attuale impraticabilità di aumenti delle tariffe dei servizi di trasporto pubblico locale "si é già espressa, nella citata sentenza, la stessa Corte".

    2. L'art. 19 della l. 730/1983 proroga, per il 1984, il blocco delle assunzioni già disposto per l'anno 1983 (con carattere di generalità nell'ambito del pubblico impiego) dall'art. 9 della l. 130/1983. Lamenta, al riguardo, la ricorrente che - se pur il divieto ex art. 9 l. cit. é stato ritenuto legittimo (sempre con la menzionata sentenza 307/1983), quale misura di carattere urgente ed eccezionale - la sua reiterazione riproporrebbe ora il "problema di compatibilità del detto blocco con i poteri della Regione". Risulterebbero, infatti, elusi i limiti temporali che, secondo l'insegnamento della Corte, debbono contraddistinguere tutte le norme che impongono "tetti" o "congelamenti" in materie di competenza regionale. Per di più la gravità dei limiti imposti con l'art. 19 alle nuove assunzioni da parte delle Regioni non si spiegherebbe neppure all'interno stesso della legge n. 730: la quale riconoscerebbe ai Comuni e alle Province una sfera di autodeterminazione in materia (art. 16) più ampia di quella regionale.

    3. Con l'art. 28 della l. 730 si stabilisce, poi, che a decorrere dal 1984, qualora non siano previste misure adeguate per riassorbire il disavanzo di ciascuna unità sanitaria locale, la Regione provvede, previa diffida, ad esercitare i poteri sostitutivi attraverso il comitato regionale di controllo, ovvero richiede lo scioglimento del comitato di gestione al commissario del Governo. Secondo la ricorrente, questa disposizione sarebbe doppiamente lesiva delle attribuzioni regionali: "sia perché determina puntualmente le modalità di funzionamento dell'organo di controllo regionale" (con implicita qualificazione della Regione come componente indiretta di un apparato statale), "sia perché prevede una fattispecie di controllo sostituivo sull'organo di gestione delle U.S.L. assolutamente anomala ed eterogenea rispetto alle forme del controllo sulle U.S.L.".

    4. L'art. 29 l. 730, a sua volta, prevede che, a decorrere dal 1984, i disavanzi di gestione delle U.S.L. siano ripianati dalla Regione; e determina le modalità di tale integrazione, cui si deve provvedere con prelievi dal fondo comune ex art. 8 l. 281/1970 e con quote di partecipazione al costo delle prestazioni. Anche a tale norma la ricorrente addebita di violare l'autonomia finanziaria (oltre che legislativa ed amministrativa) della Regione, senza prevedere un'apposita copertura finanziaria: con argomentazioni analoghe a quelle che sorreggono la denuncia di illegittimità del precedente art. 7, comma tredicesimo.

    5. L'art. 31 cpv. l. 730 - che istituisce l'albo regionale dei fornitori del servizio sanitario nazionale e demanda al Ministro della sanità di individuare, con proprio decreto, le condizioni ed i requisiti per l'iscrizione nell'albo stesso - risulta impugnato in base ad un duplice ordine di rilievi che convergono in una complessa censura di usurpazione di attribuzioni regionali. L'istituzione stessa di un albo regionale dovrebbe, infatti, spettare alla Regione, anche in armonia con le disposizioni di principio contenute nell'art. 50 della l. 833/1978. Ma soprattutto sarebbe inammissibile l'ulteriore previsione di un potere normativo del Ministro in ordine alla tenuta del detto albo ed alla iscrizione delle imprese; e ciò, sia nei confronti dell'autonomia legislativa regionale, che non potrebbe essere ridotta o condizionata da un atto di normazione secondaria (quale il decreto ministeriale), sia nei confronti della stessa attività amministrativa regionale, che "potrebbe soggiacere soltanto ad atti di indirizzo e coordinamento da parte del Governo".

    6. L'art. 35, comma quattordicesimo, riduce, infine, dal 12 al 6 per cento delle entrate, previste dal bilancio di competenza, il limite delle disponibilità finanziarie che le Regioni possono depositare presso aziende di credito. Al riguardo, il Veneto - pur considerando che la legittimità di tale limitazione é già stata affermata con sentenza n. 162/1982 della Corte - ritiene che sia comunque l'imposizione della nuova misura a ledere l'autonomia finanziaria della Regione: "poiché una indiscriminata riduzione aprirebbe la possibilità della eliminazione totale della capacità dell'ente di manovrare le proprie giacenze, che ne integra la posizione giuridica e costituzionale".

  2. - La Regione Trentino-Alto Adige, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Guarino e Roland Ritz, con ricorso notificato il 26 gennaio 1984, ha impugnato invece gli artt. 25, comma secondo e terzo, della predetta l. 730/1983, per violazione degli artt. 4 n. 7 e 16 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (t.u. delle leggi concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

    Con riguardo al comma secondo dell'art. 25, lamenta la ricorrente che la legge disponga direttamente circa l'impiego (per metà ad integrazione del finanziamento di parte corrente, per metà ad acquisto di attrezzature in conto capitale) delle somme che - secondo la norma stessa - le U.S.L. sono autorizzate a trattenere: così appunto incidendo in una materia - l'ordinamento degli enti sanitari ed ospedalieri (in cui rientra la disciplina del funzionamento oltreché dell'organizzazione delle U.S.L.) - riservata alla potestà legislativa ed amministrativa della Regione, dagli artt. 4 n. 7 e 16 dello Statuto speciale.

    La disciplina stabilita dal terzo comma dell'art. 25 della l. 730 cit., e in particolar modo la disposizione dell'ultimo periodo, che impone - in caso di prestazioni sanitarie "aggiuntive" - di instaurare "contabilità separate", sarebbe a sua volta incostituzionale e lesiva delle medesima attribuzioni della Regione ricorrente in quanto intenda stabilire un vincolo anche in ordine alla contabilità delle U.S.L. (dal Trentino-Alto Adige già disciplinata con propria legge n. 1/1981).

  3. - Le Province autonome di Trento e Bolzano, pure difese dagli avvocati Guarino e Ritz, hanno denunciato anch'esse - con ricorsi notificati il 26 gennaio 1984 -...

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