Sentenza nº 300 da Constitutional Court (Italy), 05 Ottobre 1983

RelatoreGiovanni Conso
Data di Resoluzione05 Ottobre 1983
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 300

ANNO 1983

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente

Prof. ANTONINO DE STEFANO

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO

Prof. ETTORE GALLO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 29, 34, 69 e 73 (come modificato dall'art. 1 bis del decreto legge 30 gennaio 1979, n. 21, convertito con modificazioni nella legge 31 marzo 1979, n. 93) della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promossi con le ordinanze emesse il 19 ottobre 1979 dal Giudice conciliatore di Caltanissetta, l'8 settembre 1980 dal Giudice conciliatore di Andria, il 16 dicembre 1980 dal Pretore di Piazza Armerina, il 19 dicembre 1980 dal Pretore di Pescara, il 18 dicembre 1980 dal Tribunale di Parma, il 12 febbraio 1981 dal Pretore di Rovigo, il 29 gennaio 1981 dal Pretore di Paternò, il 19 gennaio 1981 dal Pretore di Enna, il 21 febbraio 1981 dal Pretore di Latina, il 27 febbraio 1981 dal Pretore di Pescara, il 21 febbraio 1981 dal Pretore di Paternò, il 25 giugno 1981 dal Tribunale di Gorizia, l'11 giugno 1981 dal Pretore di Vasto, il 7 aprile 1981 dal Pretore di Roma, il 22 maggio 1981 dal Tribunale di Reggio Calabria, il 31 luglio 1981 dal Pretore di Vigevano, il 28 marzo 1981 dal Pretore di Poggibonsi e il 12 ottobre 1981 dal Pretore di Paternò, ordinanze rispettivamente iscritte al n. 881 del registro ordinanze 1979, al n. 757 del registro ordinanze 1980 ed ai nn. 75, 93, 105, 195, 216, 240, 266, 288, 294, 592, 623, 645, 664, 694, 739 e 773 del registro ordinanze 1981 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 43 e 352 del 1980, nn. 105, 117, 123, 200, 255 e 262 del 1981 e nn. 12, 19, 26, 47 e 68 del 1982.

Visti gli atti di costituzione di Lunardo Salvatore, Di Dio Perna Carmela e Mingrino Giovanni e di Tripepi Eufemia e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'1 dicembre 1982 il Giudice relatore Giovanni Conso;

uditi gli avvocati Pompeo Magno e Giuseppe Tanteri per Lunardo Salvatore, Di Dio Perna Carmela e Mingrino Giovanni, l'avv. Vincenzo Panuccio per Tripepi Eufemia e l'avvocato dello Stato Renato Carafa per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ricorso del 19 gennaio 1979 Sollami Agostino e Mirabella Angela, proprietari di un immobile per uso negozio condotto in locazione da Piamonte Calogero, ne domandavano il rilascio al Giudice conciliatore di Caltanissetta dovendo il predetto immobile essere utilizzato per l'esercizio dell'attività "imprenditoriale artigiana" del Sollami.

    Il Piamonte, costituitosi in giudizio, chiedeva, in via principale, il rigetto del ricorso; in subordine proponeva domanda riconvenzionale diretta ad ottenere la restituzione di canoni di locazione versati, a suo dire, in eccedenza, nonché la corresponsione della indennità di avviamento nella misura pari a 18 mensilità, ai sensi dell'art. 69 della legge n. 392 del 1978.

    L'adito conciliatore, premesso che provata e fondata doveva ritenersi la domanda dei ricorrenti, con ordinanza del 19 ottobre 1979 (r.o. 881/1979), ordinato il rilascio dell'immobile, ha contestualmente sollevato, in riferimento agli artt. 3,41,42 e 47 Cost., questione di legittimità dell'art. 69, settimo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, richiamato dall'art. 73 della stessa legge, così come modificato dall'art. 1 bis del decreto legge 30 gennaio 1979, n. 21, convertito con modificazioni nella legge 31 marzo 1979, n. 93, nella parte in cui, dal loro combinato disposto, viene stabilito, in via transitoria, per i contratti di locazione di immobili urbani adibiti ad attività industriali, commerciali, artigianali e di interesse turistico, in corso al momento di entrata in vigore della legge n. 392 del 1978, che, qualora il locatore si avvalga di uno dei motivi di recesso riconosciuti operanti per questo genere di contratti, al conduttore é dovuta l'indennità di avviamento commerciale nella misura di diciotto mensilità sulla base del canone corrente di mercato per i locali aventi le stesse caratteristiche.

    Il principio di eguaglianza sarebbe vulnerato perché, da un lato, si determinerebbe una vera e propria discriminazione tra inquilini, riconoscendo il diritto alla indennità di avviamento a industriali, commercianti ed artigiani, "quasi sempre facoltosi", per negarlo, invece, a tutte le altre numerose categorie di cittadini (che esercitano attività non comprese tra quelle per le quali la legge fa obbligo di corrispondere l'indennità in parola) anche se nei locali loro concessi in locazione esplicano attività che impongono continui e sistematici contatti con il pubblico e, dall'altro, perché analoga discriminazione verrebbe a prodursi in danno dei locatori, esonerando da ogni obbligo quelli che "hanno avuto la fortuna o la scaltrezza di affittare i loro immobili a professionisti o ad onesti lavoratori che, per la natura stessa della loro attività, non hanno necessità di contatti diretti col pubblico" e punendo, invece, quelli "sfortunati o poco accorti che hanno avuto la disavventura di avere come inquilini grossi e facoltosi industriali, commercianti, artigiani o gestori di aziende di interesse turistico, ai quali, come premio per essersi arricchiti a danno anche del locatore, cui hanno corrisposto pigioni di fame, dovrà essere corrisposta un'ingiustificata ed ingiustificabile indennità".

    Ulteriore violazione dell'art. 3 si rinvenirebbe, poi, nel fatto che la disciplina denunciata porterebbe alla conclusione assurda "di riconoscere a quell'inquilino che, avvalendosi rigidamente delle numerose leggi vincolistiche, da 40 anni paga pigioni di fame, il diritto di avere rimborsato quanto ha pagato durante l'arco di durata della locazione o forse di più (come nella fattispecie), mentre tale beneficio verrebbe negato a quegli inquilini più corretti, più comprensivi che non hanno speculato sulle leggi vincolistiche, il cui contratto é di data più recente e quindi pagano pigioni a prezzi correnti o quasi, ai quali spetterebbero 18 mensilità sulla base di quanto pagato o quasi". Di converso, prosegue il Conciliatore, la disciplina impugnata, "mentre ulteriormente punisce quei locatori che, in ossequio alla legge, hanno sopportato, senza cercar cavilli per liberarsene, uno scomodo antieconomico inquilino, assoggettandoli all'onere del pagamento di un'indennità che può costituire il rimborso di quanto percepito in un lunghissimo arco di tempo, premia quei furbi o quei fortunati che sono riusciti ad ottenere pigioni che, seppure inferiori ai prezzi correnti di mercato, sono adeguate e stabilite sulla previsione della indennità da versare a fine locazione".

    La normativa in questione sarebbe, poi, in contrasto con l'art. 41 Cost., perché resterebbe annullata qualsiasi iniziativa sia di chi possiede un locale, il quale "preferirà svenderlo, piuttosto che correre l'alea di dover ricorrere a mutui e quindi a nuovi sacrifici per poter rimborsare agli inquilini, in unica soluzione, quanto ha percepito a rate", sia di chi non lo possiede, "costretto a rinunziare alle sue aspirazioni perché difficilmente troverà locali in affitto, o, se riesce a trovarli, dovrà sobbarcarsi a pagare pigioni tali da assorbire l'indennità di avviamento che loro spetterà alla fine della locazione". Di conseguenza, "bloccata e resa così impossibile o antieconomica qualsiasi attività, qualsiasi iniziativa e qualsiasi risparmio, é inevitabile" - conclude sul punto il giudice a quo - "che aumenti sempre più la disoccupazione, la schiera dei postulanti impieghi statali, spesso non congeniali, di pensioni e di sussidi vari".

    La disciplina denunciata vulnererebbe anche l'art. 42 Cost., determinando una vera e propria espropriazione forzata della proprietà senza compenso alcuno e non per pubblico interesse, ma spesso "a beneficio di facoltosi industriali, commercianti e artigiani e a danno dell'occupazione, dell'economia, della libertà di contrattazione e della libera iniziativa individuale".

    Vi sarebbe, infine, violazione dell'art. 47 Cost., giacché "con tutti gli oneri, gli obblighi e i vincoli che le numerosissime leggi hanno imposto e vieppiù sempre impongono a chi ha la disgrazia di possedere un immobile, con il timore di potersi trovare nelle condizioni di dovere restituire in unica soluzione quanto ha percepito a rate mensili, solo un pazzo può pensare a risparmiare, a sobbarcarsi a non indifferenti sacrifici per acquistare un immobile dal quale non ricaverà che guai".

    L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 13 febbraio 1980.

    é intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata.

    Rilevato preliminarmente che nell'ordinanza di rimessione mancherebbe ogni accenno alla rilevanza, l'Avvocatura, esaminando il merito, deduce, in primo luogo, che nessuna violazione del principio di eguaglianza sarebbe configurabile nella disciplina impugnata.

    Secondo l'atto di intervento il giudice a quo non avrebbe considerato il fatto che il legislatore, attribuendo, in determinati casi, un diritto all'"indennità per la perdita dell'avviamento", ha tenuto presente, sulla scorta della dottrina e della giurisprudenza, che, secondo l'id quod plerumque accidit, ad un immobile nel quale viene esercitata un'attività commerciale accede pur sempre un "avviamento, inteso in senso oggettivo", del quale si avvantaggia comunque il locatore, una volta riottenuta la disponibilità dell'immobile , in ragione della maggiore valutazione che questo riceve sul...

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