Sentenza nº 76 da Constitutional Court (Italy), 26 Maggio 1981

RelatoreArnaldo Maccarone
Data di Resoluzione26 Maggio 1981
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 76

ANNO 1981

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente

Dott. GIULIO GIONFRIDA

Prof. EDOARDO VOLTERRA

Dott. MICHELE ROSSANO

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 277, 282, 409, 423, secondo e ultimo comma, 429 e 431 cod. proc. civ., come modif. dalla legge 11 agosto 1973, n. 533 (Nuovo processo del lavoro), e dell'art. 1224, comma secondo, cod. civ. (Rivalutazione dei crediti pecuniari), promossi con le seguenti ordinanze:

l) ordinanza emessa il 2 dicembre 1974 dal pretore di Barcellona Pozzo di Gotto nel procedimento civile vertente tra Fabio Giuseppe e Saccà Antonino, iscritta al n. 37 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 1975;

2) ordinanza emessa il 25 agosto 1976 dal pretore di Firenze nel procedimento civile vertente tra l'INAIL e Manetti Paolo, iscritta al n. 705 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4 del 1977;

3) ordinanza emessa il 25 gennaio 1978 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Tettamanzi Pasquale e Ragnini Mario, iscritta al n. 282 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 243 del 1978;

4) ordinanza emessa l'8 giugno 1978 dal pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Pittalis Angela e il Ministero del tesoro, iscritta al n. 479 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10 del 1979.

Visti l'atto di costituzione dell'INAIL e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 febbraio 1981 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone;

uditi l'avv. Mario Lamanna, per l'INAIL e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza emessa il 2 dicembre 1974 nel procedimento civile promosso da Fabio Giuseppe contro Saccà Antonino per ottenere il pagamento di crediti di lavoro, il pretore di Barcellona Pozzo di Gotto ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 423, secondo comma, 429, terzo comma, e 431, primo e ultimo comma c.p.c., in relazione all'art. 3 Cost.

    Il giudice a quo osserva, quanto alla censura concernente l'art. 423 c.p.c., che detta norma prevede solo per il lavoratore la possibilità di ottenere nel corso del giudizio un'ordinanza di condanna della controparte al pagamento di una somma a titolo provvisorio, nei limiti che si ritengono provati, mentre eguale diritto non prevederebbe per il datore di lavoro.

    Una parallela discriminazione sarebbe poi ravvisabile tanto nell'art. 429, terzo comma, che nell'art. 431 c.p.c. in quanto, il primo, prevede a favore del solo lavoratore l'obbligo del giudice di determinare d'ufficio il maggior danno eventualmente subito per la diminuzione di valore del credito, sollevando il lavoratore da ogni onere probatorio, ed il secondo consente solo a favore del lavoratore l'esecuzione provvisoria della sentenza di condanna, il che non potrebbe giustificarsi con la pretesa natura alimentare del credito data la mancanza di un limite di valore per le dette pronunzie.

    L'ordinanza, comunicata e notificata come per legge, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 5 marzo 1975.

    Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato tempestivamente le proprie deduzioni.

    L'Avvocatura afferma che le questioni sollevate sarebbero infondate. Invero, 1) il potere attribuito al giudice dall'art. 423 c.p.c. troverebbe la sua giustificazione nella particolare tutela dovuta al diritto del lavoratore alla retribuzione; 2) la disposizione dell'art. 429 risponderebbe all'esigenza di garantire al lavoratore il controvalore del lavoro svolto in termini monetari adeguati al momento del pagamento, mentre consimile esigenza non sarebbe ravvisabile in relazione ai crediti del datore di lavoro; 3) la provvisoria esecutività della sentenza in materia di crediti di lavoro prevista dall'art. 431 c.p.c. sarebbe giustificata dalla natura privilegiata dei crediti stessi, derivante dalla loro funzione alimentare, oltre che dalla protezione accordata al lavoro dalla Costituzione, di cui appunto le norme impugnate costituirebbero attuazione.

  2. - Nel procedimento civile promosso dall'INAIL contro Manetti Paolo, agendo in via surrogatoria ai sensi dell'art. 1916 c.c. per il recupero di L. 214.040 a suo tempo versate a titolo di indennità temporanea e spese di spedalità in favore dell'artigiano Cappelli Bruno, vittima di lesioni da incidente stradale di cui responsabile era appunto il Manetti, la difesa dell'INAIL, in sede di comparsa conclusionale, chiedeva che la somma suddetta fosse rivalutata tenendo conto della inflazione monetaria, ed il pretore di Firenze, con ordinanza emessa il 25 agosto 1976, ha sollevato in relazione all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 1224, secondo comma c.c., 277, 282, 429 e 431 c.p.c.

    A sostegno della censura il giudice a quo afferma anzitutto che l'art. 1224 c.c. dispone che l'inadempimento di obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro genera il diritto del creditore a conseguire oltre gli interessi moratori il "maggior danno" che eventualmente egli abbia dimostrato.

    Tale principio, peraltro, sarebbe stato diversamente applicato dalla giurisprudenza in relazione alla natura dei crediti vantati, negandosi il riconoscimento del danno da svalutazione monetaria a favore dei così detti crediti di valuta, e riconoscendosi invece la rivalutazione monetaria nei così detti crediti di valore e, praticamente, in tutte le obbligazioni di natura risarcitoria.

    Con ciò, afferma il pretore, si sarebbe creata una discriminazione che non troverebbe giustificazione perchè le due specie di crediti così ipotizzate avrebbero entrambe la stessa funzione reintegratrice del patrimonio del creditore "sconvolto dall'inadempimento". E d'altra parte, afferma pure il pretore, la soluzione così adottata dalla giurisprudenza deriverebbe dalla erronea applicazione in materia di risarcimento del danno del principio nominalistico sancito dall'art. 1277 c.c., secondo cui il debito pecuniario si paga in moneta avente corso legale al tempo del pagamento e per il suo valore nominale, principio questo che, appunto, non potrebbe valere quando occorra risarcire un danno derivante a1 creditore dall'inadempimento del debitore.

    Anche l'art. 429, terzo comma, c.p.c. incorrerebbe in analogo vizio perchè, limitando ed anzi rendendo obbligatoria la rivalutazione monetaria dei soli crediti di lavoro, porrebbe un privilegio rispetto ai crediti di altre categorie come i commercianti o gli artigiani, senza ragionevole giustificazione.

    Il pretore, inoltre, ritiene di estendere la censura anche all'art. 277 c.p.c. "visto in relazione con l'art. 429 c.p.c." in quanto, nel regolare la definizione del giudizio, non prevederebbe la condanna al pagamento del danno da svalutazione monetaria.

    In riferimento alle censure mosse poi agli artt. 282 e 431 c.p.c. il pretore crede di poter affermare che quest'ultima norma, prevedendo l'esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado pronunciata a favore del lavoratore per crediti derivanti da rapporti di lavoro, discriminerebbe le altre categorie di creditori di somme che sono invece esclusi dal detto beneficio, senza che sussistano valide ragioni a sostegno di tale differenziazione. E la censura sarebbe estensibile all'art. 282 c.p.c., in quanto, disciplinando in via generale la concessione dell'esecutività provvisoria della sentenza di primo grado, non considererebbe i crediti pecuniari ed incorrerebbe, quindi, nella violazione dell'art. 3 Costituzione.

    L'ordinanza, comunicata e notificata come per legge, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1 977.

    Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha ritualmente depositato le proprie deduzioni.

    L'Avvocatura osserva che il principio nominalistico posto dall'art. 1277 c.c. si fonda, giuridicamente sulla identificazione dell'oggetto dell'obbligazione pecuniaria nella quantità di moneta cui l'obbligazione si riferisce. Da ciò emergerebbe che il principio stesso non costituisce deroga alle regole generali dell'adempimento delle obbligazioni, poichè il valore della cosa dovuta, quale che essa sia, può in linea generale aumentare o diminuire a vantaggio del debitore o del creditore. Ed anzi l'art. 1224 c.c., ponendo l'obbligo della corresponsione dell'interesse legale a favore del creditore di obbligazione di valuta in base alla presunzione della produttività del capitale pecuniario, costituirebbe una deroga al principio generale dell'onere della prova che grava di regola sul creditore, e rappresenterebbe il caso più importante e tipico di liquidazione legale del danno da inadempimento.

    L'Avvocatura poi, con riferimento alla censura mossa all'art. 429 c.p.c., si richiama alla giurisprudenza di questa Corte che ha riconosciuto la razionalità della diversità di trattamento riservata dalla norma impugnata a favore dei crediti di lavoro, e...

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