Sentenza nº 108 da Constitutional Court (Italy), 25 Giugno 1981

RelatoreAntonio La Pergola
Data di Resoluzione25 Giugno 1981
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 108

ANNO 1981

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente

Dott. GIULIO GIONFRIDA

Prof. EDOARDO VOLTERRA

Dott. MICHELE ROSSANO

Prof. ANTONINO DE STEFANO

Prof. LEOPOLDO ELIA

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 9 giugno 1978 dal Tribunale di Pesaro nel procedimento penale a carico di Floridi Fiorella, iscritta al n. 491 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10 del 10 gennaio 1979;

2) ordinanza emessa il 17 giugno 1978 dal Giudice istruttore presso il Tribunale di Salerno nel procedimento penale a carico di Giordano Riccardo ed altri, iscritta al n. 537 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 del 24 gennaio 1979;

3) ordinanza emessa il 16 agosto 1978 dal Tribunale di Trento nel procedimento penale a carico di Zorzi Renzo ed altri, iscritta al n. 543 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 31 gennaio 1979;

4) ordinanza emessa il 10 luglio 1978 dal Tribunale di Voghera nel procedimento penale a carico di Vercesi Angela ed altra, iscritta al n. 561 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17 del 17 gennaio 1979;

5) ordinanza emessa il 5 ottobre 1978 dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento penale a carico di Branca Bicci Nereide ed altri, iscritta al n. 613 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45 del 14 febbraio 1979;

6) ordinanza emessa il 6 dicembre 1978 dal Tribunale di Larino nel procedimento penale a carico di Camato Antonio ed altri, iscritta al n. 37 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 80 del 21 marzo 1979;

7) ordinanza emessa il 1 dicembre 1978 dal Pretore di Città di Castello nel procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 216 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 133 del 16 maggio 1979;

8) ordinanza emessa il 23 gennaio 1979 dal Pretore di Genova nel procedimento penale a carico di Sessarego Domenico ed altri, iscritta al n. 361 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 182 del 4 luglio 1979;

9) ordinanza emessa il 14 dicembre 1978 dal Giudice istruttore presso il Tribunale di Trieste nel procedimento penale a carico di Lipizer Mario ed altri, iscritta al n. 392 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 196 del 18 luglio 1979;

10) ordinanza emessa il 13 febbraio 1979 dal Giudice istruttore presso il Tribunale di Salerno nel procedimento penale a carico di Anastasio Vittoria ed altri, iscritta al n. 400 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 196 del 18 luglio 1979;

11) ordinanza emessa il 9 maggio 1979 dal Pretore di Prato nel procedimento penale a carico di Ligori Donato, iscritta al n. 522 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 237 del 29 agosto 1979.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 gennaio 1981 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

udito l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza emessa il 9 giugno 1978, nel procedimento penale a carico di Floridi Fiorella, il Tribunale di Pesaro ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 5 e 22, legge 194/78 ("Norme per la tutela della gravidanza") in riferimento agli artt. 2, 3, secondo comma, 29, secondo comma, 30, primo comma, 31, primo e secondo comma, Cost. Il 2 luglio 1973 il medico provinciale di Pesaro trasmetteva al Procuratore della Repubblica copia conforme di una denuncia di aborto, presentatagli dal primario ginecologico dell'Ospedale Civile.

    Dal rapporto peritale, disposto dal Magistrato, risultava che l'aborto era stato procurato al secondo mese di gravidanza con l'introduzione nella cavità uterina di una sonda di gomma; che l'intervento demolitore, dato il mezzo adoperato, era stato eseguito da una terza persona; che ne erano risultate gravi lesioni negli organi genitali della donna, con pericolo di peritonite; che l'interessata, al momento di decidersi all'aborto, doveva ritenersi nel pieno possesso delle facoltà mentali.

    La stessa Floridi, del resto, confermava le risultanze del rapporto, meno che per la partecipazione alla manovra abortiva di altre persone, e affermava di aver voluto interrompere la gravidanza per via delle precarie condizioni economiche e familiari, e del conseguente scadimento del suo stato di salute psichica. Essa veniva quindi imputata del delitto previsto nell'art. 546, codice penale, "per essersi fatta procurare l'aborto con il suo consenso da persona non identificata".

    Al momento del fatto - sosteneva il suo difensore - la Floridi si trovava in tali condizioni di esaurimento nervoso, comprovate da certificato medico, che l'aborto avrebbe dovuto ritenersi lecito ai sensi della sentenza n. 27 del 1975 della Corte. Entrata in vigore, il 6 giugno 1978, la nuova legge sull'interruzione della gravidanza, la difesa dell'imputata chiedeva l'accertamento delle condizioni di non punibilità ivi previste nella norma appositamente dettata con riguardo ai fatti pregressi (art. 22, terzo comma).

    Il Tribunale di Pesaro ritiene che il caso sottoposto al suo giudizio ricada sotto la previsione dell'articolo testè citato, che così testualmente dispone:

    "Salvo che sia stata pronunziata sentenza irrevocabile di condanna non è punibile per il reato di aborto di donna consenziente chiunque abbia commesso il fatto prima dell'entrata in vigore della presente legge, se il giudice accerta che sussistevano le condizioni previste dagli artt. 4 e 6".

    Nella specie, si osserva, l'interruzione della gravidanza ha avuto luogo entro il primo trimestre. Vengono allora in rilievo le condizioni di non punibilità previste nell'art. 4. Se il giudice accertasse che esse non sussistevano al momento del fatto, l'imputato sarebbe punibile: e tuttavia, non con la sanzione prevista dall'art. 546 codice penale, dal momento che questa norma è stata espressamente abrogata, insieme con le rimanenti altre del titolo X del libro II del codice penale, in forza del primo comma dell'art. 22. La pena da applicare sarebbe dunque quella comminata dall'art. 19, sebbene con riguardo ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge.

    Posto ciò, è delibata la questione che si prospetta alla Corte. Nessun dubbio, si assume, può sussistere sotto il profilo della rilevanza: la quale è ritenuta ugualmente certa, si assuma che un'eventuale pronunzia d'incostituzionalità farebbe rivivere la norma incriminatrice del codice, già abrogata dalla disposizione in esame, ovvero si assuma che essa produrrebbe un vuoto legislativo.

    La fondatezza della censura è argomentata in base ai principi che questa Corte avrebbe enunciato nel dichiarare l'incostituzionalità, prima dell'art. 553, poi parzialmente dell'articolo 546 del codice penale (sentenze 49/71 e 27/75).

    Il diritto alla vita, costituzionalmente garantito come fondamentale fin dal concepimento, costituirebbe, pur nella sua peculiarità, una figura dei diritti inviolabili dell'uomo, proclamati dall'art. 2 della Carta fondamentale. Non si contesta che la situazione del concepito debba essere protetta compatibilmente con gli interessi, egualmente meritevoli di tutela, della madre. Si afferma però l'obbligo costituzionale di sancire la illiceità penale dell'aborto, tolto il caso, come è precisato nella sentenza 27/75, che la prosecuzione della gravidanza costituisca un pericolo grave, non altrimenti evitabile e accertato dal medico, per la salute della gestante.

    La norma che si denunzia, e del resto il sistema della legge n. 194, avrebbero tuttavia trascurato le prescrizioni della Corte, vulnerando gli invocati parametri costituzionali.

    Da un canto, si dice, l'art. 1 afferma solennemente la tutela del concepito; dall'altro, questa proclamazione sarebbe, nelle norme successive, sotto vario riguardo spogliata del suo rilievo. Si lamenta, infatti, che ai sensi dell'art. 4 l'aborto divenga lecito in presenza di una larga ed elastica serie di indicazioni: un pericolo serio, ancorchè non grave, che potrebbe pregiudicare - in relazione alla prosecuzione della gravidanza, al parto, o addirittura alla futura condotta della maternità - non soltanto la salute fisica ma lo stesso equilibrio psichico della gestante; le condizioni economico - sociali della donna, previste in questa sede perchè si sarebbe trasgredito l'obbligo, gravante sullo Stato ex art. 3, secondo comma, Cost., di rimuovere gli ostacoli all'eguaglianza tra i cittadini; le possibili anomalie e malformazioni del nascituro, le quali, sempre difficili da accertare, giustificherebbero comunque lo aborto eugenetico, distante solo un breve passo dalla selezione della razza.

    Egualmente chiara sarebbe l'incostituzionalità dell'art. 5. Tale disposizione regola le modalità che valgono per l'interruzione della gravidanza entro i primi tre mesi della gestazione. I soggetti ivi previsti - il consultorio, la struttura socio-sanitaria, il medico di fiducia - garantiscono o compiono, secondo i casi, i necessari accertamenti medici, valutano insieme con la donna e, dove questa lo consente, con il padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi preposti; se...

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