Sentenza nº 129 da Constitutional Court (Italy), 10 Luglio 1981

RelatoreLivio Paladin
Data di Resoluzione10 Luglio 1981
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 129

ANNO 1981

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente

Dott. GIULIO GIONFRIDA

Prof. EDOARDO VOLTERRA

Dott. MICHELE ROSSANO

Prof. ANTONINO DE STEFANO

Prof. LEOPOLDO ELIA

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. GIUSEPPE FERRARI, Giudici, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti promossi con i ricorsi del Presidente della Repubblica, del Presidente del Senato della Repubblica e del Presidente della Camera dei deputati nei confronti della Corte dei conti - Sezione I giurisdizionale, notificati il primo il 19 novembre 1980 e gli altri due il 1 dicembre 1980, rispettivamente depositati nella Cancelleria della Corte costituzionale in data 25 novembre, 5 e 17 dicembre 1980 e iscritti ai nn. 32, 33 e 34 del registro conflitti 1980, per conflitti di attribuzione sorti a seguito dei decreti 30 ottobre 1979-19 febbraio 1980, con i quali è stato prescritto ai Tesorieri dei tre organi ricorrenti di presentare nel termine di sei mesi i conti relativi alle gestioni degli anni dal 1969 al 1977.

Udito nell'udienza pubblica del 13 maggio 1981 il giudice relatore Livio Paladin;

uditi gli avvocati Aldo Sandulli, per il Presidente della Repubblica, Vezio Crisafulli, per il Presidente del Senato della Repubblica, e Paolo Barile, per il Presidente della Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

  1. - Con altrettanti decreti emessi il 30 ottobre 1979, su istanza del Procuratore generale, la Sezione I giurisdizionale della Corte dei conti ha prescritto ai tesorieri della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e della Presidenza della Repubblica il termine di mesi sei per la presentazione dei conti relativi alle gestioni degli anni dal 1969 al 1977.

    Nei decreti in questione si premette che, "ai sensi dell'art. 103 Cost., la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge"; e pertanto "giudica, con giurisdizione contenziosa" - ai sensi dell'art. 44 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 "sui conti dei tesorieri, dei ricevitori, dei cassieri e degli agenti incaricati di riscuotere, di pagare, di conservare e di maneggiare danaro pubblico o di tenere in custodia valori e materie di proprietà dello Stato". Di qui la conseguenza - messa in luce da questa Corte, nella sentenza n. 114 del 1975 - che "è principio generale del nostro ordinamento che il pubblico danaro proveniente dalla generalità dei contribuenti e destinato al soddisfacimento dei pubblici bisogni debba essere assoggettato alla garanzia costituzionale della correttezza della sua gestione, garanzia che si attua con lo strumento del rendiconto giudiziale": cui non è consentito sottrarsi a nessun ente gestore di mezzi di provenienza pubblica e a nessun agente contabile che abbia comunque maneggio di danaro e di valori di proprietà dell'ente". Nei riguardi dei contabili degli stessi organi costituzionali dello Stato, pur dotati "di uno specialissimo regime di autonomia", dovrebbe dunque affermarsi "l'obbligo della resa del conto delle loro gestioni ad un giudice indipendente ed imparziale", quale la Corte dei conti; senza di che ne discenderebbe "un privilegio anacronistico", tanto meno giustificabile in quanto "afferente la posizione giuridica di soggetti svolgenti attività meramente strumentali" (o facenti parte "di un apparato burocratico di regime giuridico eguale a quello di ogni altro apparato dell'Amministrazione dello Stato, previsto proprio per tenere indenne il titolare della suprema carica dello Stato da incombenze di gestione e dalle connesse responsabilità d'ordine amministrativo o contabile", come si verificherebbe nel caso del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica). Ed il sindacato sul comportamento di tali soggetti non implicherebbe alcuna menomazione delle prerogative spettanti alla Camera dei deputati, al Senato della Repubblica ed al Capo dello Stato.

    Depositati il 19 febbraio 1980, i predetti decreti sono stati quindi inviati - con note del direttore della segreteria presso la Procura generale della Corte dei conti, datate 21 marzo 1980 - alla Presidenza della Repubblica, nonchè alle Presidenze della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, affinchè si provvedesse "alla notificazione giudiziale nei confronti del Tesoriere".

  2. - In relazione a tali atti, ha sollevato conflitto di attribuzione il Presidente della Repubblica, con ricorso depositato il 18 luglio 1980 (al quale ha preso parte, "per quanto di ragione", sottoscrivendolo e "formulando le medesime richieste", il Segretario generale della Presidenza), perchè venga "dichiarato il difetto di potere della Corte dei conti ad esercitare la giurisdizione contabile nei confronti del tesoriere della Presidenza della Repubblica", annullando il decreto 30 ottobre 1979-19 febbraio 1980 della Sezione I giurisdizionale, la relativa istanza 2 novembre 1978 del Procuratore generale, la nota 21 marzo 1980 della Procura generale della Corte, nonchè "ogni altro atto preordinato, connesso e conseguenziale".

    Posto che fra i poteri dello Stato rientrerebbero tanto la Presidenza della Repubblica quanto la Corte dei conti, nell'esercizio della funzione giurisdizionale, il ricorso argomenta l'ammissibilità dell'azione anche "sotto il profilo oggettivo": dal momento che la Presidenza della Repubblica agirebbe "a salvaguardia della propria autonomia costituzionale", risultante da una serie di norme della Costituzione (come quelle dettate negli artt. 87, 88, 90, 91, "nonchè dai principi consuetudinari relativi alla posizione degli organi costituzionali, che partecipano della sovranità".

    Nel merito, il ricorso contesta che quella contabile sia una giurisdizione "costituzionalmente riservata" alla Corte dei conti e sia stata comunque definita dalla Costituzione, anzichè formare oggetto - come già rilevato da questa Corte - di "puntuali specificazioni legislative". Per contro, la Corte dei conti pretenderebbe di assoggettare alla propria giurisdizione i tesorieri degli organi costituzionali, in virtù di una diretta ed immediata applicazione dell'art. 103 Cost.; per di più sostenendo la natura "meramente amministrativa" dell'apparato della Presidenza della Repubblica e delle relative attività. Ma, in realtà, il Segretariato di tale Presidenza (con i suoi uffici e servizi) non potrebbe esser ridotto ad una di quelle" Amministrazioni dello Stato", cui si riferisce il testo unico n. 1214 del 1934. Non a caso, nè prima nè dopo che entrasse in vigore la Costituzione repubblicana, gli agenti degli organi dello Stato non inquadrati nella pubblica amministrazione, quali gli organi costituzionali (ivi compresa la Real Casa) non sarebbero mai stati sottoposti al giudizio di conto. Lo vieterebbe il principio costituzionale non scritto, "ma ricavabile e ricavato dal sistema", che garantisce l'autonomia e l'inviolabilità della Presidenza della Repubblica; laddove la sottoposizione al giudizio di conto implicherebbe la verifica di tutti gli atti della gestione che stanno a monte delle poste contabili e ne condizionano la regolarità.

    Con ciò stesso, però, il giudizio di conto comprometterebbe quella riservatezza che rappresenta - si afferma - "un aspetto assolutamente essenziale e imprescindibile" della funzione presidenziale (ivi compreso l'organismo "ausiliario" costituito dal Segretariato generale). Nè gioverebbe richiamare gli assunti della sentenza n. 114 del 1975, che riguarderebbe - in via di principio - la sola gestione contabile degli enti locali, già tradizionalmente sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, senza potersi estendere agli organi sovrani, come questa Corte avrebbe più volte precisato, in particolar modo nella sentenza n. 143 del 1968.

    Conclusivamente, nel ricorso si accenna che analoghe considerazioni varrebbero a risolvere il problema della cosiddetta autodichia degli organi costituzionali: rispetto alla quale, tuttavia, il problema dell'esenzione dal giudizio di conto si presenterebbe in...

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