Sentenza nº 148 da Constitutional Court (Italy), 21 Luglio 1981

RelatoreArnaldo Maccarone
Data di Resoluzione21 Luglio 1981
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 148

ANNO 1981

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Dott. GIULIO GIONFRIDA, Presidente

Prof. EDOARDO VOLTERRA

Dott. MICHELE ROSSANO

Prof. ANTONINO DE STEFANO

Prof. LEOPOLDO ELIA

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. GIUSEPPE FERRARI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, in relazione alla legge 14 aprile 1975, n. 103 e all'art. 2 della legge 10 dicembre 1975, n. 693 (Monopolio pubblico delle trasmissioni televisive via etere a carattere nazionale), promosso con ordinanza emessa il 18 novembre 1980 dal pretore di Roma, sul ricorso proposto dalla RAI, Radiotelevisione Italiana S.p.a., contro la Rizzoli Editore S.p.a. ed altri, con l'intervento dell'AGIS ed altri, iscritta al n. 37 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27 del 28 gennaio 1981.

Visti gli atti di costituzione della S.p.a. Teletevere, della S.p.a., SIT, Società Impianti televisivi, ed altre, della S.p.a. Rizzoli Editore, della Associazione Nazionale Teleradiodiffusioni Indipendenti, della RAI, Radiotelevisione Italiana S.p.a., nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 29 aprile 1981 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone;

uditi gli avvocati Dario Di Gravio per la S..p.a. Teletevere, Pasquale Russo e Carlo Vichi per la S.p.a. SIT, ed altri, Aldo Sandulli, Carmine Punzi, Franco Gaetano Scoca e Stefano Varvesi per la S.p.a. Rizzoli Editore, Paolo Barile, Vezio Crisafulli, Giuseppe Guarino e Alessandro Pace per la S.p.a. RAI, Radiotelevisione Italiana, e l'avvocato Sergio Laporta, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

La RAI TV, Radiotelevisione Italiana S.p.a., premesso che ad iniziativa della Rizzoli Editore S.p.a. stava per iniziare la trasmissione via etere su scala nazionale di un telegiornale ed altri programmi televisivi utilizzando una rete di trasmissione e di collegamento di proprietà delle società SIT, Società Impianti Televisivi S.p.a., SET s.r.l. e Royal Editrice s.r.l. correnti in Castelvecchio Pascoli consistente in circa 18 stazioni sparse in tutta Italia ed interconnesse fra loro; che la riferita iniziativa doveva ritenersi illecita in quanto la diffusione di dette trasmissioni era lesiva degli interessi di essa RAI, estendendosi oltre l'ambito locale, posto dalla Corte costituzionale (sentenza 202/1976) come limite dell'impresa economica privata in materia, e in violazione dell'art. 195 del Cod. postale nonchè della legge 14 aprile 1975 n. 103 e successivo d.P.R. 11 agosto 1975 n. 452, concernenti la riserva allo Stato del servizio radiotelevisivo su scala nazionale e del correlativo diritto di esclusiva di essa RAI concessionaria del servizio stesso; che, infine, la trasmissione era illecita amministrativamente in difetto della necessaria autorizzazione e dell'assegnazione della banda di frequenza da parte del Ministero delle Poste, chiedeva al Pretore di Roma di inibire alle dette società ogni ulteriore atto diretto a condurre ad effetto le illecite iniziative denunciate.

Il Pretore con decreto 14 ottobre 1980 emesso ai sensi dell'art. 700 cod. proc. civ. accoglieva la richiesta e inibiva alle società intimate di diffondere programmi televisivi su scala nazionale.

All'udienza di comparizione delle parti disposta ai sensi dell'art. 702 in relazione all'art. 690 cod. proc. civ. per la conferma, modifica o revoca del provvedimento suddetto oltre alle società intimate si costituivano l'Amministrazione delle Poste e telecomunazioni, l'Associazione generale dello spettacolo (AGIS), l'Associazione Nazionale Esercenti Cinema (ANEC), l'Associazione Nazionale Teleradio-diffusione Indipendenti (ANTI), nonchè la soc. Teletevere.

Tanto la soc. Rizzoli che la SIT, SET e Royal, eccepivano, fra l'altro, l'illegittimità costituzionale delle norme che disciplinano il monopolio statale televisivo, per assunto contrasto con gli artt. 3, 10, 21, 43 Costituzione.

L'amministrazione delle Poste, l'AGIS, l'ANEC e l'ANTI aderivano alle tesi della RAI TV mentre la società Teletevere, quale titolare di una emittente televisiva privata, prospettava l'illiceità dell'attività delle società intimate in quanto diretta a istituire una rete di trasmissione in contrasto con i criteri sanciti dalla citata sentenza n. 202 della Corte e, in subordine, proponeva le stesse questioni di illegittimità costituzionale prospettate dalla soc. Rizzoli, e dalle altre menzionate società.

Il Pretore, con ordinanza 18 novembre 1980, dopo avere espressamente affermato che il provvedimento di inibizione era stato emesso in presenza di un complesso di elementi probatori che chiaramente evidenziavano l'esistenza di una situazione pregiudizievole in danno della ricorrente e che il provvedimento stesso trovava comunque titolo nella normativa in atto vigente nonchè nella prospettiva costituzionale che di essa è stata data dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 21 e 43 Costituzione, la questione di legittimità "della normativa risultante dal combinato disposto degli artt. 1, 183 e 195 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, in relazione a quanto prescritto dalla legge 14 aprile 1975, n. 103, con particolare riferimento per quest'ultima all'art. 45 nonchè all'art. 2 legge n. 693 del 1975, ed agli artt. 1, 2 e segg. della citata legge n. 103 del 1975, "nella parte in cui questa normativa legittimando il monopolio pubblico delle trasmissioni televisive via etere a carattere nazionale, preclude alle imprese private la possibilità di istituire e gestire attività televisive aventi lo stesso carattere nazionale e conferisce alla pubblica Amministrazione una potestà discrezionale nella determinazione dell'ambito di utilizzazione delle frequenze".

Il Pretore osserva preliminarmente che la circostanza che le società intimate non sono in possesso della autorizzazione amministrativa all'esercizio delle trasmissioni, non può valere ad escludere la rilevanza della questione, come vorrebbe la RAI, poichè al fine di valutare la sussistenza del detto requisito occorre fare riferimento al contenuto del potere giurisdizionale nella concreta fattispecie al fine di accertare se la decisione debba essere fondata sulla norma della cui legittimità si dubita. E, secondo il Pretore, il presupposto del provvedimento de quo, va individuato nell'esercizio dell'attività radiotelevisiva su scala nazionale in regime di monopolio, che proprio la stessa RAI afferma per chiedere la tutela ai sensi dell'art. 700 cod. proc. civ.

Pertanto, ove la normativa censurata risultasse illegittima, il ricorso dovrebbe essere ritenuto infondato ed il provvedimento dato quindi dovrebbe essere revocato, mentre, in caso contrario, dovrebbe essere confermato.

La situazione amministrativa delle società intimate non potrebbe, quindi, comunque incidere ai fini della pronunzia del giudice nella fase del giudizio sommario attualmente in corso ex art. 700 cod. proc. civ.

Nel merito il giudice a quo osserva poi che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, il monopolio statale nella subiecta materia garantisce la libertà di manifestazione del pensiero dal pericolo di restrizioni che deriverebbe dall'instaurarsi di un monopolio od oligopolio privato dell'informazione, in conseguenza della limitatezza dei canali di trasmissione utilizzabili e dell'eccessivo costo degli impianti e della gestione degli stessi. Ove pertanto questi dati di fatto, storicamente verificabili, dovessero mutare peso e consistenza, potrebbe anche mutare il giudizio sulla funzione del monopolio pubblico dell'informazione e, conseguentemente, sulla legittimità delle norme che lo sorreggono. Ciò posto il Pretore afferma che dalla documentazione esibita dalle società intimate "potrebbe ragionevolmente desumersi" che la situazione di fatto su cui poggiano le precedenti pronunzie della Corte sarebbe mutata per effetto dei progressi tecnici conseguiti, nè il giudice del merito potrebbe spingere la sua indagine di fatto oltre l'ambito del giudizio delibativo rimesso alla sua competenza, tanto più che tali argomenti attengono direttamente alle motivazioni adottate a suo tempo dalla Corte, per cui spetterebbe a quest'ultima valutare se, ed in che misura, la diversa realtà tecnologica possa incidere sul giudizio di legittimità delle norme che, allo stato, sorreggono il monopolio pubblico delle trasmissioni televisive su scala nazionale. E in proposito il giudice a quo precisa che, anche indipendentemente dalla distinzione fra libertà di manifestazione del pensiero e disponibilità dei mezzi o strumenti idonei allo scopo, cui fa riferimento la RAI per affermare che l'art. 21 Cost. garantirebbe in ogni caso la detta libertà ma non la disponibilità dei mezzi di trasmissione, ove si ritenga che attualmente la tecnica consente entro limiti assai ampi la possibilità di accesso dei privati agli strumenti di trasmissione via etere a carattere nazionale, non potrebbero ritenersi legittime le attuali norme restrittive, non più giustificabili ai sensi dell'art. 43 Costituzione.

Inoltre, il prospettato profilo di illegittimità evidenzierebbe anche il dubbio circa il contrasto della normativa denunziata con l'art. 3 Cost. Infatti la posizione di privilegio attribuita allo Stato concreterebbe una disparità di trattamento non sorretta da adeguata giustificazione, e ciò tanto più che attraverso il sistema dei ripetitori le reti televisive estere possono irradiare programmi sull'intero territorio nazionale, acquisendo così anch'esse una posizione di privilegio rispetto alle emittenti televisive nazionali.

Inoltre, secondo il giudice a...

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