Sentenza nº 1 da Constitutional Court (Italy), 16 Gennaio 1978

RelatoreLuigi Oggioni
Data di Resoluzione16 Gennaio 1978
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 1

ANNO 1978

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. PAOLO ROSSI, Presidente

Dott. LUIGI OGGIONI

Avv. LEONETTO AMADEI

Prof. EDOARDO VOLTERRA

Prof. GUIDO ASTUTI

Dott. MICHELE ROSSANO

Prof. ANTONINO DE STEFANO

Prof. LEOPOLDO ELIA

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della legge 20 dicembre 1973, n. 831 e degli artt. 7 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e 13, secondo comma, legge 20 dicembre 1961, n. 1345 (norme per l'attribuzione delle funzioni direttive ai magistrati ordinari e ai magistrati amministrativi), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 22 settembre 1976 dal TAR per il Lazio, sul ricorso di Pezzana Aldo contro il Presidente del Consiglio dei ministri, iscritta al n. 700 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4 del 5 gennaio 1977;

2) ordinanza emessa il 27 ottobre 1976 dal TAR per il Lazio, sul ricorso di Tomasicchio Tommaso, iscritta al n. 23 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 59 del 2 marzo 1977;

3) ordinanza emessa l'11 maggio 1977 dalla Corte dei conti - sezione riunite - sul ricorso di Menichetti Francesco, iscritta al n. 315 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubbblica n. 193 del 15 luglio 1977.

Visti gli atti di costituzione di Pezzana Aldo, Tomasicchio Tommaso, Menichetti Francesco, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 ottobre 1977 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per Pezzana, l'avv. Rinaldo Ricci, per Tomasicchio, l'avv. Fabio Roversi Monaco, per Menichetti e il sostituto avvocato generale dello Stato Vito Cavalli, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Il prof. Aldo Pezzana, consigliere di Stato, adiva il tribunale amministrativo regionale del Lazio per sentir annullare il provvedimento della Presidenza del Consiglio dei ministri con cui gli era stata negata la nomina a presidente di sezione, che egli aveva chiesto gli fosse conferita ai sensi dell'art. 16 della legge n. 831 del 1973, concernente la magistratura ordinaria, ma, a dire del ricorrente, applicabile analogicamente anche alla magistratura amministrativa e secondo cui, ai fini della dichiarazione di idoneità alle funzioni direttive superiori, il Consiglio superiore della magistratura prende in esame, entro il 31 dicembre di ogni anno, i magistrati di Cassazione che raggiungono nell'anno stesso un'anzianità di otto anni dalla nomina a tale categoria (e quelli che nel ruolo di anzianità li precedono indipendentemente dall'anzianità predetta) con la garanzia, per effetto degli artt. 17 e 18, del conseguimento degli effetti giuridici ed economici della dichiarazione di idoneità anche a coloro che non possono accedere alle funzioni superiori per temporaneo difetto di vacanze. Il tribunale amministrativo, peraltro, ritenuto non direttamente estensibile ai magistrati amministrativi il principio posto dall'art. 16 citato, con ordinanza del 22 settembre 1976, dichiarava la non manifesta infondatezza della questione di illegittimità della detta legge in quanto, appunto, non essendo i detti criteri estensibili ai magistrati del Consiglio di Stato, contrasterebbe con gli artt. 3, 36, 100, ultimo comma, 103 e 108, secondo comma, della Costituzione. Al riguardo il giudice a quo osserva che il sistema legislativo riguardante lo status dei magistrati del Consiglio di Stato, in attuazione degli articoli 100, 103 e 108 Cost., sarebbe sostanzialmente parallelo all'ordinamento giudiziario, mediante l'accoglimento della garanzia della inamovibilità, l'esclusione di vincoli di subordinazione nei confronti del potere esecutivo e l'attribuzione di un trattamento economico identico a quello previsto per i magistrati ordinari. In particolare, tale ultimo aspetto sarebbe consacrato nella legge 24 maggio 1951, n. 392 (art. 12) e nelle numerose successive disposizioni in materia, secondo cui al personale delle magistrature amministrative si applicano le disposizioni innovatrici con detta legge sancite in materia di trattamento economico a favore dei magistrati ordinari. E ciò sarebbe, d'altra parte, rispondente alla sostanziale identità della funzione giurisdizionale delle diverse magistrature, considerate unitariamente nel titolo IV della Costituzione.

L'inapplicabilità anche alla magistratura del Consiglio di Stato dell'art. 16 in esame si risolverebbe, così, in una disarmonica carenza legislativa che darebbe luogo ad una disparità di trattamento in violazione del principio di eguaglianza, anche in contrasto evidente col principio della proporzionalità retributiva sancito dall'art. 36 Cost. Ed al riguardo il giudice a quo ricorda la sentenza n. 219 del 1975 della Corte, che avrebbe ritenuto illegittima la differenziazione di retribuzione fra docenti universitari e funzionari del pubblico impiego sulla sostanziale considerazione della non diversa qualificazione delle due categorie.

Contestualmente, verrebbero anche violati i precetti posti a garanzia dell'indipendenza delle magistrature amministrative dagli artt. 100, 103 e 108 Cost., garanzia della quale la rivendicata parità retributiva con la magistratura ordinaria apparirebbe "momento indefettibile". Lo svincolo del conseguimento del trattamento economico superiore dall'effettiva attribuzione delle relative funzioni, pure sancito dagli artt. 7 e 17 della legge n. 831 del 1973, rappresenterebbe invero la concreta espressione del principio secondo cui la progressione economica é garanzia dell'indipendenza del giudice e come tale non va collegata allo svolgimento della carriera e all'attribuzione di determinati compiti e funzioni.

Tali carenze assumerebbero, secondo il giudice a quo, particolare rilievo proprio laddove lo sviluppo della carriera non risulta interamente svincolato da provvedimenti dell'autorità amministrativa, come appunto nei casi di nomina dei consiglieri e presidenti di sezione del Consiglio di Stato.

L'ordinanza, debitamente notificata e comunicata, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1977.

Si é costituito in questa sede il consigliere Pezzana (rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Sorrentino), che ha depositato ritualmente le proprie deduzioni, con cui si associa alle tesi svolte nell'ordinanza di rinvio.

La difesa pone in evidenza la possibilità offerta ai magistrati di Cassazione di essere presi in considerazione per la dichiarazione di idoneità alle funzioni superiori e quindi per la promozione anche in soprannumero a presidente di sezione dopo otto anni dalla nomina, esclusa invece tale possibilità dall'attuale ordinamento della magistratura amministrativa ed in particolare da quello del Consiglio di Stato. Con ciò, prosegue la difesa, pur dovendosi ammettere l'esistenza di elementi di differenziazione tra le magistrature amministrative e quella ordinaria, l'indicata diversità di disciplina della progressione di carriera non troverebbe razionale giustificazione, mentre dovrebbe ravvisarsi l'esigenza logica dell'estensione del regime previsto per i magistrati ordinari anche ai magistrati del Consiglio di Stato, per la garanzia di indipendenza, che il quasi automatismo della progressione fornisce e per la rispondenza dell'estensione stessa al tendenziale adeguamento dello status dei magistrati amministrativi a quello dei magistrati ordinari, ravvisabile nell'ordinamento che farebbe apparire come un vero e proprio privilegio il sistema denunziato, specie ove si consideri che esso consente al magistrato ordinario la nomina senza il conferimento delle funzioni, e quindi il godimento dei vantaggi economici senza i relativi oneri e responsabilità.

La difesa poi rileva che il semi-automatismo previsto dalle norme impugnate per la promozione del consigliere a presidente di sezione, costituirebbe una elementare cautela avvertita come necessaria nell'attuale momento storico per assicurare la indipendenza del giudice, e che sarebbe particolarmente opportuna per i consiglieri di Stato, in parte di nomina governativa, per i quali assumerebbe quindi maggior rilievo l'esigenza di promozione sottratta ad eventuali influenze successive del governo.

Si é anche costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato ritualmente le proprie deduzioni.

L'Avvocatura osserva che lo status previsto per i magistrati del Consiglio di Stato é retto da un ordinamento diverso da quello previsto per i magistrati dell'ordine giudiziario, il che sarebbe sufficiente per escludere la prospettata violazione del principio di eguaglianza, tanto più che, mentre da un lato si presenterebbe estremamente complesso il poter assicurare una parità di sviluppo di carriera e di trattamento economico ai magistrati amministrativi ed a quelli ordinari, dall'altro dovrebbe comunque riconoscersi al legislatore una discrezionalità nel differenziare il trattamento economico di una categoria rispetto all'altra, senza per questo violare gli artt. 3 e 36 Cost.; aggiunge l'Avvocatura che con la citata sentenza n. 219 del 1975 si sarebbe soltanto corretto un contingente aspetto irrazionale dell'esercizio della discrezionalità stessa.

L'Avvocatura osserva poi che il contenuto normativo degli artt. 100, ultimo comma, 103 e 108, secondo comma, della Costituzione, di cui il TAR del Lazio prospetta la violazione, non sarebbe strettamente legato con il problema sollevato nel presente giudizio, perché la esigenza di garantire l'indipendenza economica del magistrato riguarderebbe oggetto diverso da quello dedotto in giudizio, incentrato invece sulla mancata realizzazione del...

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