Sentenza nº 91 da Constitutional Court (Italy), 27 Giugno 1973

RelatoreEdoardo Volterra
Data di Resoluzione27 Giugno 1973
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 91

ANNO 1973

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. GIUSEPPE VERZì

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Dott. LUIGI OGGIONI

Dott. ANGELO DE MARCO

Avv. ERCOLE ROCCHETTI

Prof. ENZO CAPALOZZA

Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI

Prof. VEZIO CRISAFULLI

Dott. NICOLA REALE

Prof. PAOLO ROSSI

Avv. LEONETTO AMADEI

Prof. GIULIO GIONFRIDA

Prof. EDOARDO VOLTERRA

Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 781 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 4 maggio 1971 dal tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Bravo Bruno e David Eulalia, iscritta al n. 288 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 240 del 22 settembre 1971.

Visti gli atti di costituzione di Bravo Bruno e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 1973 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

uditi l'avvocato Giorgio Menghini, per il Bravo, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso del procedimento civile promosso da Bruno Bravo nei confronti della moglie Eulalia David per ottenere dichiarazione di nullità di una donazione effettuata dall'attore a favore della convenuta, ai sensi dell'art. 781 del codice civile, il tribunale di Genova, con ordinanza emessa il 4 maggio 1971, ha sollevato questione di legittimità costituzionale di tale disposizione in riferimento agli artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione.

    L'ordinanza del tribunale di Genova osserva che il divieto delle donazioni tra coniugi, il quale trova la sua formulazione nell'art. 781 del codice civile, trae la sua origine dal diritto romano, ma che già in epoca imperiale una serie di benigne interpretazioni furono introdotte per opera della giurisprudenza e degli imperatori. Nella legislazione vigente, invece, il divieto é assoluto e drasticamente sanzionato con la nullità della donazione, anche se le condizioni sociali sono profondamente cambiate dal mondo tardo romano ad oggi e se la necessità di impedire sopraffazioni dell'un coniuge sull'altro, contrarie ai principi sui quali si fonda la famiglia, non dovrebbe più essere così fortemente sentita come duemila anni or sono.

    L'ordinanza elenca quindi una serie di situazioni "inique" cui l'applicazione rigorosa del divieto può portare e pur riconoscendo che in taluni casi un coniuge profitti della soggezione morale in cui il proprio consorte può trovarsi a seguito o comunque in costanza di matrimonio per lucrare indebitamente ai danni dell'altro, danneggiandolo ingiustamente, rileva che il fatto - spiacevole quanto reale - non comporta necessariamente la conseguenza che tutte le donazioni, in via assoluta e preventiva, debbano venire vietate.

    Aggiunge che il divieto, la cui ragione legislativa sembra risiedere nella presunzione della pericolosità in ogni caso delle donazioni e della difficoltà di fornire la prova dell'effettivo abuso dell'affetto coniugale da parte del coniuge malizioso nei confronti dell'altro, non appare ormai più giustificato alla luce delle moderne concezioni sociali e giuridiche.

    La parità della posizione sociale, dei diritti e dei doveri dei coniugi come di tutti gli altri cittadini e la scomparsa di ogni traccia dell'inferiorità della moglie come attuazione dell'art. 3 della Costituzione ha fatto definitivamente cadere uno dei maggiori motivi deducibili a sostegno del divieto di donazioni fra coniugi, cioé le minori capacità sociali e forse anche intellettive della donna.

    In tali condizioni, osserva ancora l'ordinanza, la disciplina particolare delle donazioni fra coniugi, diversa ed estremamente più rigorosa di ogni altro tipo di donazione, non trova alcuna giustificazione ed appare in contrasto con il principio di uguaglianza dei cittadini - senza distinzione di sesso e di condizione personale e famigliare - dato che la condizione di coniugato costituisce un elemento discriminatore rispetto al trattamento fatto al non coniugato in tema di libertà di donare e correlativamente di ricevere per donazione. Nei diritti della famiglia di cui all'art. 29 della Costituzione rientra certamente la tutela del coniuge ingannato dall'altro coniuge, ma non la presunzione assoluta che tutti i coniugi che ricevono una donazione devono avere circuito il coniuge donante. Secondo il giudice a quo l'enunciazione di una simile disuguaglianza presunta fra coniuge donante raggirato e donatario raggirante contrasta con l'uguaglianza giuridica dei coniugi affermata dallo stesso art. 29 della Costituzione. Non solo la tutela del coniuge effettivamente leso potrebbe essere attuata con mezzi diversi anche estendendo talune delle numerose norme dettate dalla legge a favore delle persone danneggiate dalla donazione, ma la nullità assoluta appare rimedio troppo drastico che per ovviare ad una ingiustizia meramente ipotetica giunge non di rado a porre in essere ingiustizie effettive di diverso contenuto, consentendo al coniuge troppo tutelato di usare l'art. 781 del codice civile come un, arma vessatoria. La possibilità di prevaricazione esiste anche in molti altri casi fuori del matrimonio ogni qualvolta una parte può approfittare di una posizione di preminenza rispetto all'altra per esercitare su questa un'indebita pressione e in vari casi la forza di pressione può essere anche maggiore di quella che un odierno coniuge può esercitare sull'altro (rapporto tra genitori e figli, datore di lavoro e lavoratore dipendente, tra superiore ed inferiore di una gerarchia e via dicendo). Eppure - osserva l'ordinanza - il divieto di donazione é previsto solo per i coniugi senza che si possa dare una giustificazione accettabile di tale stato di cose. Detto...

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