Sentenza nº 43 da Constitutional Court (Italy), 15 Marzo 1972

RelatoreVincenzo Michele Trimarchi
Data di Resoluzione15 Marzo 1972
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 43

ANNO 1972

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI, Presidente

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Dott. GIUSEPPE VERZì

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

Dott. LUIGI OGGIONI

Dott. ANGELO DE MARCO

Avv. ERCOLE ROCCHETTI

Prof. ENZO CAPALOZZA

Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI

Prof. VEZIO CRISAFULLI

Dott. NICOLA REALE

Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, lettera d, della legge 15 luglio 1906, n. 327 (sull'esercizio della professione di ragioniere), dell'art. 31, n. 5, del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068 (ordinamento della professione di ragioniere e perito commerciale), in relazione alla relativa legge di delega 28 dicembre 1952, n. 3060, e dell'art. 1, terzo comma, del d.l. 15 febbraio 1969, n. 9 (riordinamento degli esami di Stato di maturità, di abilitazione e di licenza della scuola media), convertito in legge con modificazioni dalla legge 5 aprile 1969, n. 119, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 19 gennaio 1971 dal tribunale di Novara sul ricorso di Uglietti Angelo, iscritta al n. 86 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 106 del 28 aprile 1971;

2) ordinanze emesse il 20 novembre 1970 dal Tribunale di Torino sul ricorso di Savio Marco e il 2 febbraio 1971 dal tribunale di Lucca sul ricorso di Susini Silvano, iscritte ai nn. 180 e 184 del registro ordinanze 1971 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 170 del 7 luglio 1971;

3) ordinanze emesse il 23 marzo 1971 dal Consiglio nazionale dei geometri sui ricorsi di Salardi Mario, Ravazzini Antonio e Valcavi Oscar contro il Collegio dei geometri di Reggio Emilia, iscritte ai nn. 203, 204 e 205 del registro ordinanze 1971 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 170 del 7 luglio 1971.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e di costituzione del Collegio dei geometri di Reggio Emilia;

udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 1972 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per il Collegio dei geometri di Reggio Emilia, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Il ragioniere Angelo Uglietti, che nel 1963 aveva conseguito il diploma di abilitazione tecnico commerciale e quello di ragioniere e perito commerciale, chiedeva con domanda del 14 maggio 1969 di essere iscritto nell'albo dei ragionieri e periti commerciali tenuto dal Consiglio del Collegio di Novara. La domanda veniva rigettata. Identica sorte subiva il successivo ricorso davanti al Consiglio nazionale.

    Adito in sede di reclamo il tribunale di Novara, l'Uglietti insisteva nella sua richiesta ed in via pregiudiziale proponeva due eccezioni di illegittimità costituzionale a proposito dell'art. 31, n. 5, del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068 (e la seconda, tenuto conto del disposto dell'art. 2 dello stesso decreto), in relazione alla legge 28 dicembre 1952, n. 3060, per violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione.

    Il tribunale, con ordinanza del 19 gennaio 1971, in accoglimento della prima eccezione sollevava questione di legittimità costituzionale del citato art. 31, n. 5, del d.P.R. n. 1068 del 1953, in relazione alla legge di delegazione n. 3060 del 1952, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.

    In ordine alla rilevanza, osservava che ai fini della pronuncia di merito non si potesse prescindere dall'esame e dalla eventuale applicazione della norma denunciata.

    Circa la non manifesta infondatezza, premesso che il legislatore delegato, pur tenendo presente la legge 15 luglio 1906, n. 327, non aveva mantenuto fermo il requisito (biennio di pratica e superamento dell'esame pratico) posto dall'art. 2, comma secondo, lettera d, di detta legge, e nonostante il preciso proposito di innovare, si era limitato a rimettere ad un'altra apposita norma legislativa la disciplina del termine e delle modalità per il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio della professione, il tribunale assumeva che il vuoto legislativo così determinato integrasse un difetto di attività legislativa da parte del Governo che si risolveva in una diversità ed in una non conformità della legge delegata a quella di delegazione, con conseguente violazione delle citate disposizioni della Costituzione.

    L'ordinanza veniva notificata all'Uglietti, al pubblico ministero e al Presidente del Consiglio dei ministri, ed era regolarmente comunicata e pubblicata.

    Davanti a questa Corte si costituiva il Collegio dei ragionieri e periti commerciali di Novara il quale, a mezzo degli avvocati Vittorio Mandel e prof. Massimo Severo Giannini concludeva per la non fondatezza della questione.

  2. - Sulla domanda di iscrizione all'albo dei ragionieri e periti commerciali di Torino, avanzata dal ragioniere Marco Savio, che aveva conseguito il diploma nel 1965, sia il Consiglio del Collegio dei ragionieri e periti commerciali di Torino che il Consiglio nazionale, in sede di ricorso, si pronunciavano in senso negativo.

    Adito dal Savio il tribunale di Torino e sollevata dall'interessato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 31, n. 5, del d.P.R. n. 1068 del 1953 negli stessi termini di cui al precedente giudizio, il tribunale, con ordinanza del 20 novembre 1970, riteneva d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma secondo, lettera d, della legge n. 327 del 1906 in riferimento agli artt. 3 e 33, comma quinto, della Costituzione. L'esame pratico previsto da questa norma - ad avviso del tribunale - non offrirebbe le necessarie garanzie di sorveglianza, e non sarebbero denunciabili le eventuali irregolarità; d'altra parte quell'esame non potrebbe definirsi "di Stato" e si risolverebbe in un semplice accertamento di carattere pratico odiernamente non più adeguato alle esigenze poste a base dell'esame di Stato richiesto per l'esercizio professionale. Si avrebbe infine un'evidente disparità di trattamento tra i ragionieri e gli altri professionisti, per ciò che accanto all'esame pratico, per altro meno importante e meno garantito dell'esame di Stato prescritto per gli altri professionisti, é richiesto un biennio di pratica.

    L'ordinanza veniva notificata al ricorrente, al pubblico ministero e al Presidente del Consiglio dei ministri, ed era regolarmente comunicata e pubblicata.

    Davanti a questa Corte si costituiva il Collegio dei ragionieri e periti commerciali di Torino che, a mezzo degli avvocati Antonio Forchino, Vittorio Mandel e prof. Massimo Severo Giannini si pronunciava per la legittimità costituzionale della norma oggetto della denuncia.

    Spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, che a mezzo del sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese concludeva per l'infondatezza della questione. Ad avviso della difesa dello Stato, non essendo stata a tutt'oggi emanata la norma legislativa di cui all'art. 31, n. 5, del d.P.R. n. 1068 del 1953, deve ritenersi, secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalente, che sia in vigore la disciplina della legge n. 327 del 1906 e del relativo regolamento. Gli esami sostenuti al termine dei corsi di studio dagli iscritti agli istituti tecnici commerciali sarebbero veri e propri esami di Stato, e perciò non avrebbe fondamento la denuncia che presuppone una disparità di trattamento tra ragionieri ed altri professionisti.

    In particolare, non si può dire che detto esame costituisca un di più richiesto dalla legge ai ragionieri per l'iscrizione all'albo perché esso deve essere considerato integrativo dell'esame di Stato previsto al termine dei corsi di studio presso gli istituti tecnici commerciali. E non può contestarsi al legislatore la facoltà di aggiungere in modo razionale (come nel caso in esame), per particolari categorie di professionisti, ad un esame di Stato, altri accertamenti della loro capacità a fini professionali. Né codesto ulteriore accertamento é in contrasto con l'art. 33, comma quinto, della Costituzione che si limita a richiedere un requisito minimo per l'abilitazione all'esercizio professionale. Né infine é censurabile sotto profili costituzionali la prescrizione del biennio di pratica, essendo...

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