Sentenza nº 26 da Constitutional Court (Italy), 05 Marzo 1969

Data di Resoluzione05 Marzo 1969
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 26

ANNO 1969

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. ALDO SANDULLI, Presidente

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZì

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

Dott. LUIGI OGGIONI

Dott. ANGELO DE MARCO

Avv. ERCOLE ROCCHETTI

Prof. ENZO CAPALOZZA

Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI

Prof. VEZIO CRISAFULLI

Dott. NICOLA REALE, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 271 del Codice civile e dell'art. 123, terzo comma (ora primo), delle disposizioni di attuazione e transitorie del Codice civile, promossi con due ordinanze emesse il 18 novembre 1966 dalla Corte d'appello di Bologna nei procedimenti civili vertenti tra Pelloni Ferdinando e Zivieri Umberto e tra Marsigli Raffaele e Cantelli Leonarda, iscritte ai nn. 62 e 63 del Registro ordinanze 1967 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 102 del 22 aprile 1967.

Visti gli atti di costituzione di Zivieri Umberto, Cantelli Leonarda e Marsigli Raffaele;

udita nell'udienza pubblica del 15 gennaio 1969 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

uditi gli avvocati Massimo Severo Giannini, per la Cantelli, ed Enrico Allorio, per il Marsigli.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso di un giudizio promosso da Zivieri Umberto contro Pelloni Ferdinando per sentir accertare ai sensi dell'art. 269, n. 2, del Codice civile, la sua qualità di figlio naturale di costui, la Corte di appello di Bologna ha sollevato questione di legittimità costituzionale della norma, espressa dall'art. 271 del Codice civile e del terzo comma dell'art. 123 delle disposizioni transitorie del Codice civile, che stabilisce un termine di decadenza di due anni per la proposizione dell'azione di accertamento della paternità. Nell'ordinanza 18 novembre 1966 la Corte bolognese denuncia in primo luogo il contrasto che sarebbe ravvisabile fra l'art. 271 del Codice e l'art. 30, primo comma, della Costituzione, per il fatto che il dovere dei genitori nei riguardi dei figli previste da detta norma non potrebbe estinguersi in modo assoluto e definitivo con il decorso del tempo, anche se alcune delle sue più evidenti manifestazioni concrete riguardano, nei casi normali, le condizioni di bisogno in cui i figli si trovano nei primi anni della loro vita.

    Inoltre l'art. 271 sarebbe in contrasto con il terzo comma dello stesso art. 30 giacché la compressione che ne deriva della tutela giuridica dei figli nati fuori del matrimonio é stabilita prescindendo completamente dalla esistenza di una famiglia legittima del padre, e quindi per un motivo non previsto dalla disposizione costituzionale. Il termine di due anni appare, d'altronde, secondo l'ordinanza gravemente inadeguato rispetto alle oggettive esigenze di tempo imposte dalla natura stessa dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità, ed in realtà tendente, più che a soddisfare esigenze di certezza giuridica (cioé all'interesse sociale di definire in modo sicuro e tempestivo lo status dei figli, non appena questi escono dalla minore età), a contenere nel numero più ristretto possibile le azioni per dichiarazione giudiziale di paternità, con conseguente ulteriore motivo di contrasto con i principi costituzionali richiamati.

    Si osserva inoltre che la costituzionalità dell'art. 271 non può farsi derivare dalla norma di cui all'ultimo comma del citato art. 30, non ritenendosi che tra "le norme e i limiti per la ricerca della paternità" che il legislatore é in essa abilitato a stabilire rientri la fissazione di un termine di decadenza (cosicché l'art. 271, lungi dal trovare in quella norma costituzionale il suo legittimo fondamento, sarebbe con essa in radicale contrasto).

    L'articolo stesso si presenta poi lesivo del principio di eguaglianza perché introduce una discriminazione per ragione di sesso riguardando solo l'azione pel riconoscimento della paternità mentre per quella relativa alla maternità l'art. 272 non appone alcun termine.

    Si osserva poi nell'ordinanza che le ragioni le quali inducono a fare ritenere non manifestamente infondate le questioni relative all'art. 271 del Codice sono tali da determinare analoghe conseguenze sul terzo comma dell'originario testo dell'art. 123 disposizioni transitorie, la cui costituzionalità appare peraltro dubbia anche per motivi autonomi. Esso infatti determinerebbe una violazione dell'art. 3 della Costituzione per il fatto di porre senza valide ragioni i nati prima del 1 luglio 1939 in una grave condizione di inferiorità giuridica e pratica rispetto ai nati successivamente a quella data, e di introdurre poi un'ulteriore discriminazione fra gli stessi nati anteriormente al 1 luglio 1939, a seconda che essi abbiano o no promosso entro il biennio del compimento della maggiore età quell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità, negata dalle leggi in vigore all'epoca in cui il termine é scaduto.

    L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 22 aprile 1967.

    Avanti la Corte costituzionale si é costituito lo Zivieri con l'assistenza degli avvocati Sbais, Giacomelli e Cavasola i quali, con deduzioni depositate l'11 maggio 1967, danno atto che, avendo la Corte nel frattempo rigettata la questione relativa all'art. 271 del Cod. civ., che era stata proposta anche da altri giudici, si rimettono su questo punto alla giustizia della Corte, mentre insistono per l'accoglimento della questione relativa all'incostituzionalità del terzo comma dell'art. 123 delle disposizioni transitorie. In via subordinata chiedono che la Corte voglia comunque pronunciarsi nel senso di dichiarare che l'unica interpretazione che non renda incostituzionale tale disposizione é quella che fa decorrere il dies a quo per la proposizione dell'azione da un giorno non anteriore a quello successivo alla pubblicazione della sentenza 16 febbraio 1963, della Corte costituzionale.

    In una successiva memoria depositata il 9 ottobre 1968, la difesa dello Zivieri prende le mosse dalla sentenza n. 58 del 1967 per dimostrare come in occasione di essa non sia stata affrontata la questione relativa all'art. 123, terzo comma, delle disposizioni di attuazione.

    La questione qui prospettata, infatti, non riguarderebbe tanto l'apposizione del termine di decadenza, ma la disparità di trattamento fra i nati prima e i nati dopo il 1 luglio 1939 che non troverebbe congrua giustificazione obiettiva rispetto alla logica del sistema.

    Solo dopo che l'eliminazione dei due primi commi dell'art. 123 ad opera della sentenza n. 7 del 1963 ha reso proponibile l'azione ai nati prima del 1, luglio 1939, si é presentato il problema in esame, che avrebbe potuto essere risolto anche in via di mera interpretazione dal giudice di merito nel senso di fissare la decorrenza del termine per l'esercizio dell'azione dal momento in cui essa era concretamente proponibile.

    Pertanto la difesa dello Zivieri insiste perché la...

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