Sentenza nº 84 da Constitutional Court (Italy), 17 Aprile 1969
Data di Resoluzione | 17 Aprile 1969 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 84
ANNO 1969
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. ALDO SANDULLI, Presidente
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZì
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
Dott. LUIGI OGGIONI
Avv. ERCOLE ROCCHETTI
Prof. ENZO CAPALOZZA
Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI
Prof. VEZIO CRISAFULLI
Dott. NICOLA REALE, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 507 del Codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 5 giugno 1967 dal pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Castaldi Benito, iscritta al n. 234 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 307 del 9 dicembre 1967;
2) ordinanza emessa il 17 febbraio 1968 dal pretore di Trieste nel procedimento penale a carico di Devetak Marco ed altri, iscritta al n. 80 del Registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 152 del 15 giugno 1968;
3) ordinanza emessa il 14 marzo 1968 dal pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Pica Alberto, iscritta al n. 106 del Registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 203 del 10 agosto 1968.
Visti gli atti di costituzione di Castaldi Benito e d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 12 marzo 1969 la relazione del Giudice Michele Fragali,
uditi l'avv. Giovanni Leone, per Castaldi, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
-
- é stato denunciato per illegittimità costituzionale l'art. 507 del Codice penale che punisce chiunque per fini contrattuali o politici per coartare la pubblica autorità o a scopo di solidarietà o di protesta, mediante propaganda o valendosi della forza o autorità di partiti, leghe o associazioni, induce una o più persone a non stipulare patti di lavoro o a non somministrare materie o strumenti necessari al lavoro ovvero a non acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali.
La questione é stata proposta il 5 giugno 1967 e il 14 marzo 1968 dal pretore di Trieste. Le fattispecie erano diverse l'una dall'altra: un invito a edicolanti aderenti al sindacato giornalai di Roma a non accettare copie di un settimanale e a restituire quelle già ricevute per la vendita perché il periodico aveva diffuso considerazioni pesanti sugli utili che dal commercio di pubblicazioni immorali trarrebbero alcuni editori e giornalai; un invito agli esercenti iscritti all'associazione dettaglianti di latte di Roma a svolgere opera di persuasione presso i consumatori per utilizzare la preferenza verso tipi di latte non prodotti dalla Centrale di Roma e a non richiedere alla stessa la pezzatura di mezzo litro perché la stessa Centrale, a seguito di un aumento del prezzo del latte alimentare posto da essa in commercio non aveva corrisposto un adeguato aurtiento ai rivenditori; svolgimento di propaganda a fine di protesta e di sciopero ed avvalendosi della forza e dell'autorità della associazione di categoria, per indurre a non fare acquisti di prodotti agricoli da taluni commissionari.
Il pretore di Roma, nella prima ordinanza, ha invocato gli artt. 35, 39, 40 e 41 della Costituzione, perché l'art. 507 attenta alla libertà di lavoro, di associazione sindacale, di sciopero e di libera iniziativa economica individuale, considerabili in logica reciproca congiunzione come espressione di un sistema unitario. Il divieto penale di serrata, sciopero, boicottaggio, sabotaggio, secondo il pretore, é correlato ai principi dell'ordinamento corporativo, che escludeva le libere competizioni delle forze del lavoro e della produzione e imponeva la risoluzione d'imperio dei conflitti fra capitale e lavoro; perciò debbono considerarsi tacitamente abrogati gli artt. 502 e 505 del Codice penale, cui si riferisce l'art. 507 per delineare il dolo specifico del reato contemplatovi. Se la legge vuole tutelare la libertà personale sino a riconoscere il diritto di non prestare attività di lavoro non ostante l'esistenza di un valido contratto di lavoro, non ha potuto intendere di menomare la libertà di tutti gli altri soggetti nello svolgimento dell'attività produttiva.
Lo stesso pretore di Roma, nella seconda ordinanza, si é rifatto agli artt. 18, 21, 39, 40, 41 e 49 della Costituzione.
A parere del pretore la libertà di organizzazione garantita nel detto art. 39 deve essere intesa come libertà di azione per la tutela degli interessi di categoria, ed il boicottaggio (interruzione del processo di distribuzione) é forma di autotutela e strumento di lotta sindacale che si pone accanto allo sciopero (corrispondente al processo di disorganizzazione nella fase di produzione); cosicché il suo divieto viene ad essere anche in antinomia con l'art. 40 della Costituzione. Ma viene inoltre a collidere con il successivo art. 41 che, tutelando la libertà di iniziativa privata, ha inteso proteggere anche l'autonomia individuale, la quale ha come suo logico corollario l'assoluta libertà di commercio e come limite soltanto il rispetto delle finalità sociali. Tali finalità includono quella libertà nei loro oggetti, e oggi non possono riportarsi alle tendenze imperanti nel soppresso ordinamento autoritario, che implicavano la necessità di non...
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