Sentenza nº 27 da Constitutional Court (Italy), 05 Maggio 1959

Data di Resoluzione05 Maggio 1959
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 27

ANNO 1959

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, sulle misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità, promosso con ordinanza del 1 marzo 1958 del Tribunale di Lucca nel procedimento penale a carico di Ceragioli Anna, iscritta al n. 16 del Registro ordinanze 1958 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 101 del 26 aprile 1958.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 18 febbraio 1959 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli;

uditi il vice avvocato generale dello Stato Marcello Frattini e l'avv. Sandro Diambrini Palazzi.

Ritenuto in fatto

Nel procedimento a carico di Ceragioli Anna, proposta dal Questore di Lucca per la sottoposizione a sorveglianza speciale, il Tribunale di Lucca, d'ufficio, con ordinanza del 1 marzo 1958, riteneva non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, sulle misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità in riferimento agli artt. 2 e 17 della Costituzione, nella parte che concerne gli obblighi imposti al sorvegliato speciale: a) di "non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza"; b) di "non partecipare a pubbliche riunioni".

Secondo il Tribunale, mentre le altre prescrizioni dell'art. 5 (fissazione della dimora, divieto di allontanarsene senza dare avviso alla P.S., divieto di rincasare e di uscire fuori di ore stabilite, ecc.) devono dirsi costituzionalmente legittime, rientrando nel lato concetto di "sicurezza" fissato dalla Corte costituzionale con la sua sentenza n. 2 del 1956, quelle impugnate sarebbero in contrasto con gli artt. 2 e 17 della Costituzione. Il divieto di associarsi a certe persone importerebbe che il sorvegliato non possa praticarle né coltivare con esse rapporti anche di innocua amicizia; e in tal caso il divieto medesimo verrebbe a ledere un diritto del soggetto afferente alla sfera dei rapporti sentimentali, diritto che se pure non appare esplicitamente tutelato dalla Costituzione, tuttavia é tale da potersi comprendere, secondo il Tribunale, tra quei diritti inviolabili dell'uomo che nell'art. 2 la Costituzione genericamente riconosce e garantisce. Quanto al divieto di non partecipare a pubbliche riunioni, il Tribunale vi ravvisa una violazione dell'art. 17 della Costituzione, che riconosce a tutti i cittadini il diritto di riunione, intesa questa come convegno precario e volontario di due o più persone in un luogo determinato per un fine prestabilito. La stessa disciplina prevista dal precetto costituzionale per le riunioni in luogo pubblico o aperto al pubblico importa la esistenza del diritto del singolo di parteciparvi, nonché la legittimità delle riunioni in privato. Si avrebbe così la lesione di un diritto costituzionalmente garantito, tanto più rilevante in quanto si può...

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