Sentenza nº 41 da Constitutional Court (Italy), 09 Luglio 1959
Data di Resoluzione | 09 Luglio 1959 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 41
ANNO 1959
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 5 e 8 della legge 12 maggio 1950, n. 230, rispettivamente in riferimento agli articoli 113 e 42 della Costituzione, e del decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1951, n. 1423, in relazione allo art. 2 della legge 12 maggio 1950, n. 230, e in riferimento agli articoli 76 e 77 della Costituzione, promosso con ordinanza emessa il 9 luglio 1958 dal Tribunale di Cosenza nel procedimento civile vertente tra Solima Rosario e Luigi e l'Opera per la valorizzazione della Sila, iscritta al n. 37 del Registro ordinanze del 1958 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 288 del 29 novembre 1958.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 3 giugno 1959 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;
uditi l'avv. Cesare Gabriele, per i Solima, e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per l'Opera per la valorizzazione della Sila e per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
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- Con atto di citazione 12 gennaio 1954 i sigg. Solima Rosario e Luigi convenivano innanzi al Tribunale di Cosenza l'Opera per la valorizzazione della Sila per sentirla condannare al rilascio di terreni di proprietà di essi attori, malamente espropriati in favore dell'Ente in attuazione della legge 12 maggio 1950, n. 230 (relativa alla riforma fondiaria nell'Altipiano silano), mediante i decreti legislativi di scorporo 18 dicembre 1951, n. 1410 e n. 1423, e per sentir emettere inoltre nei confronti dell'Opera la condanna al risarcimento dei danni, e le altre condanne conseguenziali.
Nel giudizio gli attori sollevavano varie questioni di legittimità costituzionale, relative alla legge 12 maggio 1950, n. 230, e ai due ricordati decreti legislativi. Di tali questioni il Tribunale di Cosenza, con ordinanza 9 luglio 1958, ha investito questa Corte.
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- Le questioni, così come individuate nella ordinanza di rimessione, sono le seguenti.
La legge 12 maggio 1950, n. 230, sarebbe costituzionalmente illegittima, in quanto: a) l'attribuzione di valore legislativo ai decreti di espropriazione, disposta dall'art. 5, avrebbe lo scopo di eludere l'art. 113 Cost. e di precludere agli espropriati i rimedi giurisdizionali; b) il riconoscimento di una indennità di espropriazione in titoli del debito pubblico ammortizzabili in venticinque anni, anziché in danaro, previsto dall'art. 8, violerebbe l'art. 42 Costituzione.
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- I decreti legislativi di scorporo - i quali riguardano terreni siti rispettivamente in agro di Bisignano e in agro di Santa Sofia d'Epiro e hanno per destinatari il primo Vincenzo Solima (padre e dante causa degli istanti, deceduto il 26 aprile 1951) e il secondo il medesimo Vincenzo Solima congiuntamente al germano Francesco, entrambi comproprietari al 15 novembre 1949 sia dei terreni in Bisignano che di quelli in S. Sofia - sarebbero a loro volta illegittimi, per eccesso di delega, ai sensi degli articoli 76 e 77 Costituzione.
Entrambi i decreti sarebbero viziati perché: a) con essi sono state eseguite delle espropriazioni in testa a un soggetto defunto, mentre "nulla autorizza a ritenere che la legge abbia stabilito una sopravvivenza giuridica, ai fini dell'espropriazione, di chi abbia cessato di essere soggetto di diritti"; b) le espropriazioni in testa al defunto Vincenzo Solima hanno in realtà colpito i quattro figli di lui nonostante che a ciascuno di questi sia toccata una quota inferiore a 300 ettari, mentre lo scopo della legge di delega consisteva nel "ridurre a 300 ettari la proprietà di chi ne avesse di più e non di chi ne aveva assai meno"; c) tutti i terreni colpiti sono insuscettibili di miglioramenti maggiori di quelli già realizzati, mentre il presupposto del potere di espropriazione sarebbe "che si tratti di terreni suscettibili di trasformazione".
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- Inoltre il decreto n. 1410 sarebbe viziato perché: a) con esso é stato operato lo scorporo in testa al solo Vincenzo Solima, mentre il piano particolareggiato a suo tempo pubblicato era in danno, congiuntamente, di Vincenzo e Francesco Solima; b) in difformità della legge esso ha compiuto "l'espropriazione di un corpo certo di proprietà comune in danno di uno solo dei partecipanti".
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- L'ordinanza del Tribunale di Cosenza fu notificata ai Presidenti dei due rami del Parlamento e al Presidente del Consiglio dei Ministri rispettivamente il 17 e il 20 settembre 1958 e fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 288 del 29 novembre 1958.
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- Innanzi a questa Corte si é costituito, in data 22 settembre 1958, l'avv. Cesare Gabriele, nell'interesse dei signori Luigi e Rosario Solima, depositando mandato e deduzioni. Si é costituita inoltre, in data 14 novembre 1958, l'Avvocatura generale dello Stato in persona dell'avv. Francesco Agrò, nell'interesse dell'Opera per la valorizzazione della Sila, depositando deduzioni e dichiarando di rappresentare ex lege l'Opera stessa. Si é costituita infine in pari data l'Avvocatura generale dello Stato in persona del medesimo avvocato, nell'interesse della Presidenza del Consiglio dei Ministri, mediante atto di intervento nel quale si dichiara di aderire alle deduzioni e conclusioni dell'anzidetta Opera.
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- Nelle rispettive deduzioni, in ordine alle questioni di costituzionalità che investono la legge 12 maggio 1950, n. 230, mentre la difesa del Solima si rimette alla giustizia della Corte, l'Avvocatura dello Stato ricorda che le questioni stesse sono state ritenute infondate con le sentenze nn. 60 e 61 del 1957 di questa Corte, e chiede quindi che ne venga dichiarata la manifesta infondatezza.
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- Quanto alle prime due questioni riflettenti ambedue i decreti legislativi di scorporo, la difesa dei Solima osserva che, siccome al momento della emanazione di tali decreti Vincenzo Solima (cui toccavano 580 ettari di terreno) era già deceduto da otto mesi e nessuno dei figliuoli di lui aveva mai posseduto né aveva diritto a una quantità di terreno che raggiungesse i 300 ettari, i decreti anzidetti violerebbero l'art. 2 della legge 230: il primo comma del citato articolo dichiara soggetti a espropriazione i terreni i quali "appartengono" a soggetti che al 15...
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