Sentenza nº 39 da Constitutional Court (Italy), 09 Marzo 1957

Data di Resoluzione09 Marzo 1957
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 39

ANNO 1957

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Avv. ENRICO DE NICOLA, Presidente

Dott. GAETANO AZZARITI

Avv. GIUSEPPE CAPPI

Prof. TOMASO PERASSI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Prof. ERNESTO BATTAGLINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. MARIO BRACCI

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI, Giudici,

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, notificato il 24 ottobre 1956, depositato nella cancelleria della Corte il 31 dello stesso mese ed iscritto al n. 62 del Reg. ric. 1956, per dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'intera legge - in particolare degli articoli di essa 1, 2 (in relazione all'art. 5), 3, 4, 7, 8, 9, 10 e 11 - avente per oggetto delega alle Provincie di Trento e di Bolzano delle funzioni amministrative in materia di agricoltura, foreste, corpo forestale, patrimonio zootecnico e ittico, apicoltura, caccia e pesca, opere di bonifica, approvata dal Consiglio regionale della Regione Trentino - Alto Adige nella seduta 3 ottobre 1956 in reiezione del rinvio governativo del 2 agosto 1956. Il Presidente del Consiglio dei Ministri é rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

Visto l'atto di costituzione in giudizio, con deposito nella cancelleria delle proprie deduzioni in data 12 novembre 1956, del Presidente della Giunta regionale della Regione Trentino - Alto Adige, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Guicciardi e Carlo Tinzl;

udita nell'udienza pubblica del 6 febbraio 1957 la relazione del Giudice Gaetano Azzariti;

uditi il vice avvocato generale dello Stato Marcello Frattini e i difensori della Regione avvocati Carlo Tinzl e Enrico Guicciardi.

Ritenuto in fatto

In data 3 ottobre 1956 il Consiglio regionale della Regione Trentino - Alto Adige, dopo che il Governo della Repubblica aveva ad esso rinviato con propri rilievi il disegno di legge precedentemente deliberato, approvò per la seconda volta la legge avente per oggetto "delega alle Provincie autonome di Trento e di Bolzano di funzioni amministrative nelle materie di agricoltura, foreste e corpo forestale, patrimonio zootecnico ed ittico, apicoltura, caccia e pesca e opere di bonifica".

Con ricorso notificato al Presidente della Giunta regionale il 24 ottobre 1956, il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ha promosso davanti a questa Corte il giudizio di legittimità costituzionale della detta legge, della quale la disposizione fondamentale é contenuta nell'art. 2, dove, in termini generali, viene disposto che le funzioni amministrative, di cui in una serie di leggi statali elencate nell'art. 1, spettanti alla Regione in base all'art. 13 dello Statuto, sono delegate, ai sensi dell'art. 14 dello Statuto medesimo, alle Provincie autonome di Trento e di Bolzano.

Si sostiene nel ricorso la illegittimità costituzionale di questa disposizione fondamentale e, con essa, dell'intera legge, per due ordini di considerazioni.

In primo luogo si osserva che nel sistema dello Statuto speciale per il Trentino - Alto Adige, la Regione, da un lato, e le due Provincie di Trento e di Bolzano, dall'altro, hanno sfere di competenza legislativa e amministrativa tassativamente stabilite e perciò la Regione non può trasferire alle Provincie le funzioni amministrative delle quali é titolare, ma potrebbe solo, secondo l'art. 14 dello Statuto, delegarne alle Provincie il semplice esercizio esecutivo, rimanendo sempre presso di essa la titolarità delle funzioni, il controllo pieno del loro esercizio e il relativo onere di bilancio. Contraria al sistema dello Statuto sarebbe perciò la legge la quale disporrebbe il trasferimento pieno alle Provincie delle funzioni amministrative della Regione, come l'esame dei singoli articoli pone in evidenza.

In secondo luogo, si sostiene nel ricorso che la delega disposta dalla legge non é ammissibile perché generica e indeterminata, in quanto la legge, per indicare quali siano le funzioni che delega, si limita a richiamare l'art. 13 dello Statuto. In questo vi é bensì la enunciazione del principio che "nelle materie in cui la Regione o la Provincia può emanare norme legislative, le relative potestà amministrative, che in base all'ordinamento preesistente erano attribuite allo Stato, sono esercitate rispettivamente dalla Regione o dalle Provincie"; ma la enunciazione di questo principio non ha operato un automatico passaggio effettivo dallo Stato alla Regione o alle Provincie delle funzioni amministrative e degli organi che le esercitano. A tale scopo sono necessarie disposizioni le quali stabiliscano le modalità del trasferimento concreto dei diversi organi e funzioni e definiscano con precisione le competenze regionali e quelle statali, dove le une e le altre sussistono; mentre per molte delle materie indicate dalle leggi statali richiamate nell'art. 1 della legge regionale, non sono state ancora emanate le norme di attuazione dello Statuto. In tale stato di cose una delega generica per funzioni che la Regione ancora non possiede o che norme di attuazione non abbiano ancora ben definite sarebbe in contrasto con l'art. 14 dello Statuto, il quale prevede e consente una delega che deve essere specifica con indicazione precisa delle attività delegate.

A questi due rilievi di carattere generale, che investono, come si é detto, la disposizione fondamentale degli artt. 1 e 2 e la intera legge regionale, segue nel ricorso l'esame particolareggiato di altre disposizioni in questa contenute, che sono anche esse specificamente impugnate.

L'art. 3, dichiarando che i provvedimenti delle Giunte provinciali sono definitivi, contrasterebbe col principio per cui l'atto del delegato é atto del delegante e priverebbe il cittadino del potere di provocare il controllo del delegante, con violazione di un principio generale dell'ordinamento giuridico e dell'art. 14 dello Stastuto regionale.

L'art. 7, devolvendo alle Provincie l'ammontare delle ammende versate dai contravventori delle disposizioni delle leggi elencate nell'art. 1, andrebbe oltre i limiti della competenza legislativa della Regione, la quale competenza non si estende alle norme di carattere finanziario, e specialmente a quelle che disciplinano la destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni pecuniarie.

L'art. 8, relativo alle spese attinenti all'esercizio delle attività delegate, sarebbe illegittimo, in quanto, in luogo del rimborso eventuale di spese effettivamente sostenute, stabilisce un assegno annuale a ciascuna Provincia di un apposito fondo corrispondente al fabbisogno finanziario, fondo che verrebbe a costituire un capitolo di bilancio della Provincia, con libera disponibilità di impiego, mentre le spese relative ad attività delegate dovrebbero essere iscritte nel bilancio dell'ente delegante e contabilmente documentate.

L'art. 9 limita i poteri di controllo e di sostituzione, che la Regione dovrebbe conservare in pieno sugli atti compiuti dalle Provincie per delegazione. Stabilire che la Regione può impartire direttive solo "nei limiti della potestà regolamentare" ad essa attribuita dallo Statuto e che può sostituirsi alle Provincie nell'esercizio delle funzioni delegate solo "nel caso di persistente inerzia o violazione di legge o direttive" implica, secondo il ricorrente, attuare in sostanza il trasferimento di autonoma competenza e non già la delegazione dell'esercizio di funzioni che sono proprie della Regione.

Gli artt. 10 e 11 dispongono il trasferimento alle Provincie di alcuni uffici regionali e del relativo personale. Questo trasferimento - si osserva nel ricorso - non é inerente né conseguenziale alla delega di attività amministrativa ed é poco compatibile con la revocabilità della delega e, dall'altro canto, nessuna norma statutaria consente alla Regione di stabilire uffici provinciali o di costituire rapporti di impiego presso le Provincie.

Chiede perciò la difesa dello Stato che la Corte dichiari la illegittimità costituzionale della legge denunciata e comunque dei suoi artt. 1, 2, 3, 7, 8, 9, 10 e 11.

Nelle deduzioni della Regione, depositate in cancelleria il 12 novembre 1956, viene innanzi tutto eccepito la inammissibilità del ricorso della Presidenza del Consiglio perché, in ordine ai vari articoli impugnati, per uno di essi (art. 4) nessuna questione di legittimità costituzionale é sollevata, e per tutti gli altri non sono indicate le...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT